Un estratto dall’estratto che ho letto alla festa di WATT

Dal suo angolo l’adolescente rincasa nel bambino, nel figlio perpetuo che se parlasse produrrebbe falsetto, lamenti, ma emette giusto uno sguardo sul vecchio mondo che risorge. Il lanificio. Il maglificio. La maquiladora. Il libero scambio. Le dodici ore. La produttività. La famiglia, la collaborazione e il solvente. La sabbiatura dei jeans. La scoloritura. La silicosi. Il marcatempo, il flusso. Lo sversamento e lo scolo. Il trono. La madre. Il padre. Il mare macchiato. Il catrame sulla spiaggia. Il getto perpetuo della realtà. La vita che disbosca la vita fino alla fine del bosco. Non c’è più progetto. Non c’è più tempo se non il tempo passato. Il rigurgito di ieri. Vomitare ieri e cibarsene. Obbedire alla realtà. Aspettare di non essere mai pronti. Acconsentire al potere che sbaglia. Accettare che la vita sia un assassino.

(da WATT 3,14)

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