Blu

Ma nel blu galleggia la casa. In bagno una muffa barbica di orme grigie e poi nere, intanto che il vapore s’è inchiostrato in un cammino di scuro, spore che si propagginano di doccia in doccia sulle pareti. Sul finto cotto svolazzano fiocchi di polvere. La terrazza ha i graffi sul klinker scheggiato; dove sgronda l’acqua piovana sbrodola un’ombra di zacchere. L’edera è secca, è morto il bambù (i suoi lunghi fusti paiono flauti senza tasti né becchi), c’è il cadavere di un gelsomino (e della vite, e del nespolo). La buganvillea resiste sotto il sole e nel tempo. Il limone resiste sotto il sole e nel tempo. La voce che prometteva «resto qui ad aspettarti» è annegata nel blu, nel sole, nel tempo. Celeste batte i quattro quarti di un ritmo («de – cu – bi – to!») percosso da voci straniere. Una ragazza scalcia nel sonno, nel blu, nella casa con una rabbia che è storicità, autobiografia. L’intonaco inciampa spellato dal sole, dal tempo. L’acqua non scorre, balbetta nei rubinetti per il calcare azzurro. La moquette ora è blu di polvere glauca; oggi, domani, per sempre. Nella cucina dei pensili tristi si conservano caraffe d’olio navy e aceto cerulo. La paura naviga bene invece nel sonno, nel blu, nel sole e nel tempo dove (quando) incontra (antivede) la morte (dell’avvenire). Sugli scaffali incartapecoriscono i libri. Su fari e piantane attecchiscono fecce. Nel fondo dei vasi che schermano applique sedimenta il concime di insetti bruciati. Spettri di terra, di pioggia, di tempo sgorbiano i vetri delle finestre. Laschi, i cilindri delle serrature scivolano dalle guide lasche e le porte tentennano, lasche; il mezzo centimetro di filo di spazio che rompe pannelli e stipiti, dov’è l’apertura, ingurgita blu. Le stanze si gonfiano di quel colore al modo di un pollo per la farcitura. La casa s’apre tutta nel ventre alla lardellatura: del blu.