Prima dell’autunno la manovra sarà legge e diverse cose cui gli italiani sono abituati inizieranno a scomparire. Ad esempio si dissolveranno le mura di molti asili nido e le maestre che li abitavano durante il giorno svaporeranno come brina. Così bisognerà spiegare ai bambini che fine hanno fatto le maestre e poi trovare loro un nuovo posto dove stare. Sparirà qualche reparto d’ospedale insieme alla gratuità delle cure che offriva.
Spariranno piccoli musei e istituti culturali che non interessano a nessuno (ma quando non ci saranno più ne maturerà il rimpianto). Spariranno i soldi: dai conti in banca, dai salari, dai borsellini. Sparirà il cibo buono e caro dalle tavole con le cene al ristorante e lo shopping il sabato pomeriggio. Spariranno i risparmi e le paghette per i figli.
Molte denominazioni s’invertiranno: i progetti ad esempio si chiameranno fantasie oppure illusioni. “Dove andrai in vacanza l’anno prossimo?” “Ho l’illusione di andare a vedere i fiordi, ma mia moglie insiste con la sua fantasia sulla Grecia.” Un pieno di benzina si chiamerà salasso e le nuove tasse comunali e regionali sanguisughe. Un lavoro a tempo indeterminato tutelato dal licenziamento si chiamerà privilegio o guarentigia. Poi cambierà la durata del tempo. Uno che voglia la sua liquidazione dovrà aspettare. Uno che voglia andare in pensione dovrà pazientare. Solo i suicidi non subiranno rallentamenti.
Il sacrificio sazierà forse i mercati e gli speculatori, che sono però creature voraci e per di più spesso trascendenti e sotto sotto, si teme, insaziabili. Così saranno necessari altri sacrifici. Ma allora (ed è questa la modesta proposta al governo italiano) invece di imporre somme drammatiche di piccoli e ripetuti sacrifici, perché non decretarne uno definitivo? Perché non disfarsi una volta per tutte dei propri cittadini offrendoli in pasto, letteralmente, ai demoni che assediano l’Italia? Un’abbuffata pantagruelica sazierebbe a lungo, forse per sempre, le terribili creature. E avrebbe anche il vantaggio di liberare il governo da elettori esigenti e vendicativi, dagli oneri di un sistema sanitario, della previdenza e di ogni genere di servizio pubblico.
“I have been assured by a very knowing American of my acquaintance in London, that a young healthy child well nursed is at a year old a most delicious, nourishing, and wholesome food, whether stewed, roasted, baked, or boiled …” (Jonathan Swift, A Modest Proposal)
Un amico che viaggia tra Londra e New York mi assicura che gli speculatori sono in genere carnivori famelici e spesso inclini al cannibalismo. La nostra popolazione under 14 ammonta a 8 milioni 477 mila 937 individui (dati Istat 2010), e fornirebbe carne da filetto, bistecca e lombata di prima qualità. Gli adulti sarebbero più adatti per polpette, hamburger e carne fritta nella pastella. Gli over 60, come si sa in numero crescente nel nostro paese (oltre 15 milioni e 800 mila persone), assicurerebbero bolliti succulenti.
Aerei, treni, navi e pullman colmi dei nostri bambini, dei nostri adulti e anziani dovrebbero partire alla volta dei regni della speculazione, dei territori dell’oligarchia e delle Torri finanziarie. Mentre ciò che resta degli averi degli italiani, una volta espropriato, consentirebbe allo Stato di ridurre il suo debito. Gli organi umani interni potrebbero essere venduti in ogni continente, al pari di cornee, occhi e capelli per i trapianti. Dalla cotenna italica si ricaverebbe pregiato pellame per scarpe di lusso, borse e borsellini. Dentature d’oro, fuse in piccoli e grandi lingotti, rimpinguerebbero le riserve auree.
Inoltre estinguere il ceto medio e basso lasciando in vita solo i ricchi (insieme a una popolazione proletaria minima per le esigenze manifatturiere e di servizio) garantirebbe a Berlusconi un capolavoro politico, una degna uscita di scena e la sicura consegna ai libri di storia politica, delle istituzioni e del cannibalismo in genere.
Spopolata, l’Italia si trasformerebbe in vaste e struggenti Highlands deluxe dove ricevere turisti e vivere da nababbi (i sopravvissuti). La demolizione delle orribili periferie restituirebbe ossigeno alle città d’arte. E l’edilizia popolare non sarebbe che un ricordo lontano, sepolto nell’inconscio di una nazione milionaria, alla moda, con l’erre moscia, solvibile.