Cosa è successo non lo so. Nel senso che le cause, le ragioni non le conosco. Non saprei spiegare perché Città distrutte sia passato da molti rifiuti editoriali ad altrettante, una volta pubblicato, critiche positive. Il perché, come ho scritto sopra, mi sfugge. Ma posso mettere insieme il tragitto evenemenziale. La catena dei fatti in superficie a partire da quella prima settimana di febbraio del 2012 in cui il libro, pubblicato da Gaffi, è apparso in libreria mentre già alcune decine di addetti ai lavori (critici, scrittori) lo stavano ricevendo.
Per la rassegna stampa completa rimando alla pagina sul sito e allo Storify. Mi limito a segnalare alcuni punti di svolta. La prima recensione autorevole è stata quella di Matteo Marchesini sul Foglio, a fine gennaio. Circa un mese dopo è arrivata la recensione di Daniele Giglioli su La Lettura / Corriere della Sera, che immagino abbia proposto il libro a una platea più ampia di quanto si potesse sperare fino a quel momento. In seguito sono apparse altre recensioni importanti (Guglielmi, Ferracuti, La Porta, Randall su Internazionale, fino al più recente De Mieri sul Domenicale del Sole 24 Ore).
Senza dimenticare Andrea Carraro (il cui ruolo in questa storia va ben al di là di una recensione), Giovanni Dozzini, Giuseppe Giglio, Francesco Longo, Seia Montanelli, Tarcisio Tarquini… ma ora non riesco a citare tutti e spero che nessuno, passando incidentalmente di qui, s’offenda. La lista completa delle persone che hanno scritto e parlato del libro, e che ringrazio, si può consultare ai link sopra.
E sono arrivati tre premi. Il Mondello, il Volponi e il Napoli come finalista. Insieme a una bella presentazione con Helena Janeczek alla Casa delle Letterature.
Non mi aspettavo nulla di questo. Non le pagine sul Corriere e altri quotidiani e riviste. Né tantomeno i premi. Figuriamoci se mi aspettavo i premi.