«Tra la meditazione e l’acido lisergico» (Giuseppe Genna su Mio padre la rivoluzione)

Ecco un post di Giuseppe Genna su Mio padre la rivoluzione. Da Facebook. Ne riporto qui alcuni brani e poi l’embed. Ringrazio questo autore che è per me punto di riferimento e tensione con la sua lingua seminale e struggente: un maestro coetaneo.

«Il romanzo storico è stato disossato o, meglio, slogato, piegato alle esigenze di poetica».

«La struttura, labirinticamente coerente, del libro di Orecchio restituisce certo la vita pulsante del tempo che viene narrato (e che coincide con il tempo stesso della narrazione, a rete e a incroci), vive essa stessa nell’oggetto del racconto».

«La maestria e la perizia in termini di ricostruzione storica, di tempi che dissonano rispetto a ciò che furono, è impressionante, per la mania del particolare, il quale è un grande propulsore della narrazione di questo magnifico scrittore.

E tuttavia non basta – la lingua abbatte l’oggetto storico, lo annulla: la lingua sovrasta la vita. Per questo, qui come negli altri due libri (“Città distrutte” e “Stati di grazia”), Davide Orecchio compie uno sforzo dagli esiti paradossali: è un utopista che non prende in considerazione la realizzabilità dell’utopia, poiché esercita non una fede, ma un’attualità, devastando le nevrosi storiche attraverso una prassi utopica che si autorealizza sotto i suoi polpastrelli, digitanti la storia da un punto in cui la storia non è più».

«E’ qualcosa che sta tra la meditazione e l’acido lisergico: lo spiritualismo che trasfigura uno dei più acuti processi storici di imposizione del dispositivo materialista».