Il caso spagnolo

In Italia la parola “Spagna” si pronuncia ormai con un tono che mescola invidia e ammirazione. Nonostante la fragilità e i numeri esigui in Parlamento, il governo di coalizione tra Psoe e Sumar sta facendo molto: il tasso di disoccupazione più basso dal 2007, una riduzione significativa della precarietà e un aumento dei salari reali. Alla luce di questi risultati, possiamo dire che il modello spagnolo rappresenta una via progressista in grado di coniugare crescita e giustizia sociale? Cioè è una sinistra di governo che funziona? Provo a rispondere, e a riepilogare il caso spagnolo, con l’aiuto del giuslavorista Antonio Baylos, professore emerito presso l’Università Castilla La Mancha.

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Il socialista che ha conquistato New York

Sembra un Carlo Cafiero del terzo millennio, con quella barba da militante della Prima internazionale. Invece è il nuovo sindaco di New York. Zohran Mamdani, 34 anni, ha stravinto le elezioni per il governo della grande Mela. Non si è limitato a surclassare il suo sfidante Andrew Cuomo, ex governatore democratico ridotto a correre da indipendente. Ha fatto di più. Con oltre un milione di voti, Mamdani ha raccolto più consensi di tutti gli altri candidati messi insieme. E nel suo primo victory speech nella notte di Brooklyn si è presentato con queste parole: “Sono giovane. Sono musulmano. Sono un socialista democratico e, cosa più grave di tutte, mi rifiuto di scusarmi per tutto questo”.

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La foto di copertina è di Dmitryshein.

Questo referendum

Se qualcuno mi chiedesse quand’è che questo Paese si è convinto che il Lavoro è una causa persa, non saprei indicare una data precisa ma potrei stendere un lungo elenco di eventi, gloriose sconfitte, leggi reazionarie, leggi mancate, accanimenti di destra, sbandate e scarsa, o del tutto assente, lucidità di sinistra. Tutto in poco più di vent’anni schifosi e ingiusti nei confronti di chi lavora. Quanto basta per scoraggiare i più ottimisti. Ma se qualcun altro chiedesse: “Quand’è che questo Paese si convincerà che il Lavoro non è una causa persa?”, una data da suggerire ce l’avrei, ed è il prossimo fine settimana. L’8 giugno andrò a votare Sì per cinque referendum abrogativi che sono di straordinaria importanza.

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Due domande per Mathias Énard

Mathias Énard, foto di ©Pierre Marquès

Sabato 22 marzo, al festival romano Libri Come, lo scrittore francese Mathias Énard (uno dei migliori che abbiamo nei nostri anni) ha presentato il suo ultimo romanzo, Disertare (E/O 2025). Ero lì ad ascoltarlo, in una fila laterale, e mentre parlava (in italiano!) del suo libro, di Europa, di guerra, di storia e di letteratura, mi sono venute in mente un paio di domande che avrei voluto rivolgergli. Domande che non gli ho fatto. Non ho avuto né il tempo né la faccia tosta di porle quando si è aperto uno spazio di confronto con il pubblico. Allora provo a scriverle qui.

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