Sugli attacchi a Parigi del 13/14 novembre segnalo due pezzi che non potrebbero essere più distanti e diversi.
(I)
Uno scrittore italiano (Giacomo Sartori), racconta la geografia e la sociologia di questi massacri, e ferma lo sguardo sui quartieri colpiti di Parigi, zone d’incontro e dialogo, zone di meticciato e apertura:
Un tempio della “mixité” preso come bersaglio
«Questi invece sono i quartieri della “mixité”, belli e vivi proprio per la gran mescola di culture e abitudini, e per la tolleranza che è dipinta su tante facce e si respira nell’aria. Direi che il Bataclan, con le svariatissime forme di musica e gli spettacoli molto diversi che propone, può essere considerato un tempio della “mixité”. E paradossalmente è proprio questa Francia più aperta e mista che è forse, o comunque lo sarebbe, più propensa a capire le ragioni e i problemi dei giovani che si sono radicalizzati, che viene presa come bersaglio. Una Francia che certo non vuole sentire parlare di Front National e di derive populiste. Il terrorismo finisce sempre per prendersela con chi gli è “strutturalmente” più vicino (pensiamo al Partito comunista nei nostri anni di piombo, pensiamo proprio a Charlie Hebdo)».
L’articolo integrale, che consiglio vivamente di leggere, è su Nazione Indiana

Roma 14 novembre 2015
Fiaccolata silenziosa in piazza del Popolo per ricordare le vittime dei tragici attentati di Parigi
(II)
Sul Corriere della Sera Marco Imarisio intervista Jean Guisnel, “esperto di questioni militari e servizi segreti”:
«Il perchè è molto semplice. La Francia è in prima linea negli affari del Medio Oriente. E’ in prima linea quasi da sola nel Mali, dove combatte gli estremisti islamici. Ed è almeno in seconda linea nella guerra a bassa intensità contro l’Isis, colpendo con i suoi aerei in Iraq e Siria. Piccolo dettaglio, sul suo territorio c’è la più grande comunità islamica d’Europa».