Convincere un gatto a non votare Berlusconi

Ci risiamo. La legislatura (dicunt) è quasi spacciata, le elezioni anticipate si avvicinano e gli animali domestici non hanno ancora il diritto di voto. Due anni fa sollevai la questione (LEGGI QUI) senza che il mio appello trovasse ascolto. Non ci torno sopra. Preferisco immaginare che quel diritto sia stato concesso. Preferisco immaginarmi nel tentativo non semplice di convincere un gatto a NON votare Berlusconi.

Perché i gatti votano a destra. Perché i gatti pensano di essere “naturalmente” di destra. Ma forse si sbagliano. I gatti sono molti: più di otto milioni. Più dei cani (tipici elettori di centrosinistra, amanti della collettività e solidali), che non superano i sette milioni. Otto milioni di voti felini consegnati a Berlusconi, o a chi per lui, sono una cifra che la sinistra italiana, messa com’è, non può permettersi. Bisogna rimboccarsi le maniche e fargli cambiare idea.

Ci provo anche per una questione affettiva. Vorrei che la mia gatta (vedi la foto) votasse a sinistra. La gatta che mi accompagna da 17 anni, cui sono molto affezionato e cui auguro di esercitare il diritto di voto tra qualche mese.

Allora parto da una domanda. Perché il gatto è (o pensa di essere) di destra? La risposta sta nella sua natura menefreghista, egoista ed estetizzante. La risposta sta nella sua solitudine che il gatto interpreta come (e traduce in) libertà di fare tutto: la pipì su piante e tappeti, le unghie contro poltrone e divani, e via elencando.

Il gatto si vede nel Popolo della libertà, partito (o movimento, non so) guidato da un anziano uomogatto sciupamobili e femmine nel quale il felino trova o crede di trovare sintonia e affinità.

Le cose stanno così. Ora proviamo a cambiarle.

Per far capire al gatto che si sbaglia bisogna puntare su ragionamenti concreti, non su princìpi o discettazioni ideologiche, ché il gatto è creatura pragmatica. Bisogna quindi illustrare la sua vita a lui stesso, perché capisca che non è libero e autonomo come pensa, visto che ogni giorno qualcuno lo nutre e accudisce, visto che da solo non saprebbe procurarsi il cibo che lo sfama né l’acqua che lo disseta.

Occorre poi ricordare al gatto che anche lui, come tanti che votano a sinistra, non è proprio ricco. Che anzi è povero in canna. Che non potrebbe acquistare da sé neanche una scatoletta di tonno e gamberi. Che non ha un lavoro né saprebbe cercarlo.

Che è del tutto privo di spirito d’impresa e capitali per realizzarlo. Che non saprebbe neppure pulirsi la lettiera: e quindi, senza una badante, soffocherebbe nelle sue stesse feci. Che vive in casa d’altri, non ha proprietà né potrebbe permettersi un affitto.

Che il suo immaginarsi libero, ricco e potente, autodeterminato e pienamente per sé, non è altro che un’illusione scaturita da un falso messaggio mediatico, da un teatro dell’inesistente.

Che questo gatto, e tutti i gatti con lui, senza un “noi” sarebbe perduto.

Esaurito l’elenco, ecco il fatti non foste a viver come bruti che dovrebbe convincere il baffuto-equilibrista-delle-tenebre a imboccare la necessaria U-turn:

“Apri gli occhi, gatto, sulla tua vera vita e sul tuo vero te! Disattiva il Matrix che ti incanta e metti a fuoco chi sei!Caro gatto: non vedi che hai bisogno di solidarietà, ospitalità e assistenza?Caro gatto, senza un welfare universale (seppure domestico) tu moriresti. E non hai un solo privilegio, renditi conto, ma molti diritti che devi difendere con le unghie, perché non sono eterni né automatici.

Amato gatto: senza la sinistra non hai speranze, perché nessuno ti difenderà”.

Detto questo, Felix dovrebbe aver capito. Ma se non dovesse funzionare resta l’ultima arma: la sua debolezza. Non dimentico infatti che il gatto è creatura sensuale. Al gatto piace essere toccato. A chi non piace? È vero, piace a tutti. Ma al gatto piace di più. Al gatto le carezze non bastano mai. Dappertutto e in abbondanza. Dalla testa fino ai fianchi, sotto al mento e sotto alla pancia.

Che lo si riempia di carezze, allora. Così capirà che le carezze sono di sinistra*.

* Lo so, non è vero. Ma qui conta vincere.