Rudi K., padrone di casa a Berlino

Agosto 1990, Berlino.

Rudi K. è il mio padrone di casa, mi ha affittato una stanza e io quando posso converso con lui.

Rudi K. è alto, biondo, ha circa 40 anni ed è scappato dall’Est prima che buttassero giù il Muro. È scappato quando a scappare rischiavi la vita. È scappato dalla dittatura, da Honecker, dai cosmonauti, dallo studio del russo, dal socialismo reale e da una moglie ancor più reale.

Rudi K. vive a Neukölln, quartiere di operai e immigrati.

Rudi K. ha un figlio che adesso sta in vacanza. E nel letto del figlio ci dormo io.

Rudi K. non ha più una moglie, ma ha un fidanzato. Un ragazzo greco che vive con lui, e col figlio e quest’agosto con me. Un ragazzo magro, basso e dai riccioli neri. Il ragazzo di Rudi K., profugo dell’Est, uomo in fuga da Honecker.

Rudi K. ama la cucina macrobiotica, coltiva una pianta di marijuana in soggiorno, il venerdì sera va al pub a bere, tiene in bagno un mucchio di riviste gay e parla poco.

A parte le birre del venerdì sera e i capelli biondi, Rudi K. non corrisponde alla mia idea di “uomo germanico”.

Dove sono i salsicciotti e la senape nel frigo di Rudi? Dove sono i crauti e il muessli?

Rudi K. ha messo il mondo alla rovescia. Non ha più il comunismo. Non ha più una donna ma un uomo. Mangia cibo esotico. Rudi K. è libero.

Rudi K. mi fa paura: assomiglia a Rutger Hauer, parla poco e ha uno sguardo di ghiaccio. Lo so, è un luogo comune, ma lo sguardo di Rudi è davvero di ghiaccio.

Un giorno torno da una passeggiata nell’Est e dico a Rudi che i palazzoni di Karl-Marx-Allee non sono mica male. Mica male quest’edilizia realsocialista! E Rudi mi fa uno dei suoi sguardi laser e dice:

“Hanno costruito strade immense perché ogni individuo si sentisse piccolo. Più grande il palazzo, più irrilevante l’individuo”.

Ok Rudi, es tut mir Leid. Non volevo elogiare i tuoi carnefici. Come non detto. Cosa c’è per cena?