Matteo Marchesini recensisce il mio Città distrutte su Il Foglio:
«In tempi in cui si convive con un forte senso d`irrealtà, la letteratura si traveste da documento, e la storia s`interroga sul suo sostrato letterario. Dall’osmosi tra i due campi nascono reportage romanzati, montaggi di vecchie cronache, o magari parodie della storiografia classica, il cui stile secco e solenne viene impiegato, come in un libro di Giuseppe Pontiggia, per descrivere “vite di uomini non illustri”. A Pontiggia si pensa sfogliando Città distrutte. Sei biografie infedeli, i racconti dell’esordiente Davide Orecchio usciti ora per Gaffi. Ma qui il legame tra i personaggi e la Storia con la maiuscola è molto più stretto. Il suo stile somiglia a una frana, al gesto bulimico di chi divora il tempo perché ne è ossessionato, e a ogni nuova pagina fa scorrere la bobina sempre più in fretta, mimando l`inadeguatezza della scrittura davanti alla vita. Questa inadeguatezza è un tema centrale, dato che alcuni personaggi, costruiti mischiando documenti falsi e veri, sono anche scrittori falliti di cui l`autore ripesca le carte inedite. Così è per “Betta Rauch (1941-1995)”, giornalista proustiana che scrive versi sincopati sul suo rapporto col vecchio compagno e su Salvador Allende, mentre vede sgretolarsi le speranze private e pubbliche tra il boom e gli anni Novanta. Così è per il siciliano Pietro Migliorisi (1915-2001), figura brancatiana che sconta tutte le illusioni fasciste e comuniste e si fa cremare con un volume di Montale, prima odiato poi venerato: “La povertà lo mise al mondo. Mussolini l’inghiottì. Bottai lo deglutì. Badoglio lo rigettò. Togliatti lo prese masticato e lo rimasticò. Stalin Io digerì. Gorbaciov l’ha evacuato”. Le due vite modellate su esistenze illustri, quella del regista Rakar che cresce e muore in modo simile a Tarkovskij, e quella dell`ambasciatore prussiano Kauder dietro al quale giganteggia la sagoma di Wilhelm von Humboldt, sono poi appena ombre sbiadite degli originali. Entrambi credono di riuscire nell’arte esiliandosi dalla famiglia: e li ripagherà un fallimento su tutti e due i fronti.
Ma non c`è solo lo scacco estetico: “Eschilo Licursi (1899-1964)”, bracciante molisano divenuto dirigente socialista, comunista e poi deputato, proprio nei momenti cruciali della Storia si chiude in un silenzio sterile. Forse in questo catalogo di esistenze abbozzate e abortite, l’unica che si realizza è quella quasi “non scritta” di “Ester Terracina (1951-1976)”, che muore nelle carceri della dittatura argentina sacrificandosi al posto di un’altra detenuta. Comunque sia, siamo di fronte a un caso di osmosi che funziona piuttosto bene. Ma forse dipende dal fatto che Orecchio, oltre a essere un vero narratore, è un vero storico: e occorrevano entrambe le vocazioni per descrivere in modo così convincente lo iato che si apre tra la forma e la vita là dove il successo personale non ha eliminato gli errori, i bivii, le casualità dell`esistenza.Attraverso piccoli indizi privati, “Città distrutte” costruisce un raro spaccato sociologico della modernità più tragica: cioè degli uomini che ne hanno subito le tragedie senza poter quasi mai lasciare una traccia emblematica del loro passaggio».