Due viaggi, due scrittori. al-Muqaddasi, Binyamin da Tudela

Nei dintorni di Córdoba

al-Muqaddasi

Non c’è stata biblioteca di re che io non abbia frequentata, non opere di una data setta che non abbia sfogliate, non credenze di una gente che non abbia conosciute; non gente devota con cui non mi sia mescolato, non sacri oratori cui non abbia assistito, sì da venire a capo di quanto desideravo su questo argomento. Con trentasei diversi nomi sono stato chiamato e apostrofato: gerosolimitano, palestinese, egiziano, maghrebino, khorasanio, faqìh, sufi, santo, devoto, asceta, viaggiatore, cartolaio, ecc. ecc., per i diversi paesi in cui mi son fermato, e i diversi luoghi che ho visitato. Non c’è avventura che capiti a un viaggiatore che io non abbia largamente provata, fuorché il mendicare e il commettere grave peccato: ho fatto il faqìh e il maestro di scuola, l’asceta e il devoto, ho dato lezioni di diritto e di belle lettere, ho predicato sui pulpiti, ho fatto il muèzzin sui minareti, l’imàm nelle moschee, il concionatore nelle moschee cattedrali; ho frequentato le scuole, fatta propaganda nelle assemblee, parlato nei salotti; ho mangiato la «harisa» con i sufi, la zuppa con i cenobiti, la polenta coi marinai; sono stato cacciato via la notte dalle moschee, ho percorso le steppe, errato nei deserti. Ora ho praticato sincera astinenza, ora ho consumato ostensibilmente cibi proibiti. Mi sono accompagnato agli asceti del Libano, e sono stato in compagnia dei potenti sovrani; ho posseduto schiavi, e ho portato la cesta sul capo. Sono stato più volte a un pelo dall’annegare, ho subito assalti di predoni, ho servito i cadì e i grandi, ho parlato ai sultani e ai visir; mi sono accompagnato per le vie ai malviventi, ho venduto la mercanzia sui mercati, sono stato tenuto in prigione, preso per spia. Ho visto la guerra dei Rum con le galere, ho sentito il notturno battere dei batacchi di chiesa, ho rilegato volumi per mercede, ho comprato acqua a caro prezzo, ho camminato tra il vento torrido e le nevi.

al-Muqaddasi, Ahsan al-tagdsim fi ma’rifat al-agdlim (X secolo), a cura di M. J. de Goeje, in Bibliotheca Geographorum Arabicorum, III, Brill, Leiden 1906, p. 44. La traduzione italiana del passo in F. Gabrieli, La letteratura araba, Accademia, Milano 1967, pp. 222-23.
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Binyamin da Tudela

Partii da Tudela, la mia città natale, alla volta di Saragozza, e di lì, scendendo lungo il fiume Ebro, mi diressi a Tortosa. Da Tortosa, dopo due giorni di viaggio, giunsi all’antica città di Tarragona, posta presso il mare e adorna di costruzioni dei ciclopi e dei greci, senza l’eguale in tutta la terra di Sefarad. A due giorni da Tarragona s’incontra Barcellona, la cui comunità annovera dotti, saggi e persone illustri, come rabbi Sheshet, rabbi She’alti’el, rabbi Shelomoh e rabbi Avraham ben Chisday. È una cittadella piccola e graziosa, posta sulla riva del mare. Vi giungono con i loro prodotti mercanti da tutti i paesi: dalla Grecia, da Pisa, da Genova, dalla Sicilia, da Alessandria d’Egitto, da Israele e dalle coste d’Africa. A un giorno e mezzo da Barcellona si trova Gerona, ove risiede una piccola comunità ebraica. A tre giorni da Gerona v’è Narbona, città di illustre tradizione di studi, da cui la Torah si diffonde in ogni paese.

Binyamin da Tudela, Itinerario (Sefer massa’ ot) (1160-1173), ed. it a cura di G. Busi, Luisé, Rimini 1988, pp. 13-14.
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Entrambe le citazioni sono tratte da Alessandro Vanoli, La Spagna delle tre culture, Viella, Roma 2006.