Gentile Peter Handke, Le propongo uno scambio.
Lei mi dà la Sua ora del vero sentire. Io Le do la mia, di ora del vero sentire. Le cedo il mio, ma d’ora in poi Suo, vero sentire il tanfo del tempo che il mio, ma d’ora in poi Suo, asfalto trasuda e diffonde.
Le cedo l’eco dei televisori eiaculata dai balconi della mia, ma d’ora in poi Sua, città di nascita e vita. Le cedo il miles gloriosus, il coatto, il Palazzo, il gatto e la gattara, la mazzetta, il Ponentino, il borghese in terrazzo, le palazzine, il palazzinaro e lo scempio, l’ignorante al potere, la frittata del garagista notturno (nella mia, ma d’ora in poi Sua, ora del vero sentire).
Le cedo il Suv e il TMax, il giudice bricoleur, la strada dove hanno trovato Aldo Moro, la strada dove hanno ammazzato Walter Rossi, la strada dove hanno ammazzato Giorgiana Masi.
Le cedo la memoria di tutti i morti ammazzati di Roma da Matteotti a Pasolini a Stefano Cucchi, e le polveri sottili, gli alberi secchi di Castro Pretorio, i gabbiani della mondezza, il ghigno dei pariolini, la bio-strafottenza di Prati, tutte le botteghe, tutti i bottegai, i ratti, le voragini, gli stupri, la clinica dove è morta mia madre, l’ospedale dove è morto mio padre, l’angolo tra il muro e il termosifone dove è morta la gatta (nel mio, ma d’ora in poi Suo, vero sentire), il salto nell’iperspazio sul Muro Torto, l’ipocrisia delle piste ciclabili, Piazza San Giovanni prostituita ai populisti, i cardinali gay che torturano i gay, Le cedo i lupercali e il me ne frego, Le cedo la capitale mondiale dell’incontinenza.
In cambio voglio solo il Suo, ma d’ora in poi mio, vero sentire.
Spero Lei voglia accettare (me faccia sape’).