Il sincronismo

Ho visitato una mostra su William Blake.

Prima di entrare, sono andato alla libreria del museo e ho preso in mano una copia di Lanark, di Alasdair Gray. 

Ho sfogliato il libro.

Ho riposto la copia di Lanark nello scaffale e sono entrato nella mostra su William Blake.

Quando sono uscito dalla mostra, ho aperto Twitter e la prima notizia che mi è apparsa è stata una brutta notizia: Alasdair Gray era morto. Era uno scrittore importante (l’avevo scoperto da pochi anni, grazie a Safarà e a Vanni Santoni). Avevo appena toccato l’edizione in inglese del suo libro più famoso. Era come se avessi toccato lui stesso, che però non c’era più.

Sono tornato nella libreria del museo e ho ripreso a sfogliare Lanark. Un omaggio, come accendere una candela o depositare un fiore.

Poi ho aperto di nuovo Twitter e nella timeline mi è apparso un articolo del Guardian su Alasdair Gray, firmato da Ali Smith. Il titolo dell’articolo era questo: Alasdair Gray: a modern-day William Blake who revitalised Scottish writing.

Ho immaginato che questo sincronismo, sebbene nel lutto, o nel passaggio a un altrove, sarebbe piaciuto a due artisti legati.

Alcuni sostengono che William Blake ami apparire nei momenti più impensati, in un sogno, durante un girovagare urbano, per dare consigli ai viventi.

Forse da oggi inizierà a farlo anche Alasdair Gray, lo scrittore scozzese che non è più nella nostra dimensione.

Poi sono uscito dal sincronismo, dal museo, dalla mostra su William Blake, dalla morte di Alasdair Gray. E l’anno è finito.