Daniil Charms in 35 righe

Ottant’anni fa, anno più anno meno, per le strade di Leningrado si aggirava un poeta ma anche uno scrittore ma anche uno scrittore per bambini che aveva deciso di incarnare il nonsense e non solo d’immaginarlo. Vestiva da gentleman inglese e usava nomi diversi. Scriveva aforismi e brani brevi dove i personaggi avvistavano sfere geometriche e si picchiavano, si picchiavano, si picchiavano. Scriveva dialoghi tra Gogol e Puškin e né il poeta né il romanziere, in quei dialoghi, sembravano volersi bene. Citava i futuristi e amava le attrici.

Una mattina d’agosto del 1941 l’Nkvd se lo portò via e lui, per non andare ai lavori forzati in Siberia, disse che era pazzo. L’Nkvd gli credette: “Hai ragione, tu sei pazzo”, e lo rinchiuse nel reparto psichiatrico di un carcere. Un anno dopo, durante l’assedio dei nazisti, le guardie del carcere non avevano di che sfamarsi e da questo nulla non sottrassero cibo per gli internati. Così, il due febbraio 1942, il poeta morì di fame nella sua cella. Tra i suoi nomi aveva questo: Daniil Charms.

Nel suo Quaderno azzurro aveva scritto:

“C’era un uomo coi capelli rossi, che non aveva né occhi né orecchie. Non aveva neppure i capelli, quindi dicevano che aveva i capelli rossi tanto per dire. Non poteva parlare, perché non aveva la bocca. Non aveva neanche il naso. Non aveva né braccia né gambe. Non aveva neanche la pancia, non aveva la schiena, non aveva la spina dorsale, non aveva le interiora. Non c’era nulla! Insomma, non sappiamo nemmeno di chi stiamo parlando. Meglio non parlare di lui mai più”.

Qualche link:
George Saunders su Daniil Charms, New York Times
www.danielcharms.com
eSamizdat, Charms e Oberiu
Charms e Paolo Nori
Wikipedia