Il difetto dei racconti trockisti è che vengono più lunghi del previsto. Il primo racconto trockista doveva essere di 20mila battute, ma arrivò a 60mila. Il secondo racconto trockista doveva essere uno scherzo da 10mila battute, ma arrivò a 61mila. Credo dipenda dalla presunzione di permanenza, di essere continue e ininterrotte, che hanno direi un po’ tutte le iniziative trockiste (spazi inclusi). Nella ragione pragmatica questo consegue in racconti lunghi ma forse non permanenti, l’ennesima sconfitta del trockismo.
Spero che nella Roma di Virginia Raggi la vita di un estensore negletto (NON TROCKISTA) di racconti negletti trockisti possa proseguire. Non vorrei passare da una potenziale permanenza a una dissolvenza concreta.
Ora, il trockismo non interessa più a nessuno. Nessun -ismo interessa più a nessuno fra gli uomini, che si dedicano oggi a culti più antichi, riscoperti, o al Pantheon della tecnologia. Forse il trockismo potrebbe avere speranza fra i topi. Questi roditori del resto sono entristi da sempre. Una moltitudine trockista di topi resusciterebbe forse la IV internazionale, allargando alleanze e utopie e speranze oltre le fogne urbane e statuali, nel più vasto recinto del mondo globale. Ma dovrebbe poi fare i conti con un’armata e Lega invincibile, quella tra gli uomini (signori dello sterminio), i gatti (anarchici, apolitici, feroci coi topi) e i cani (da sempre destra sociale, obbedire e combattere, se avanzo seguitemi).
Quindi la morale è che il trockismo, che riguardi gli uomini o i topi, è sempre sconfitto. E questo un estensore di racconti trockisti deve tenerlo presente, anzi permanente.
Nelle foto, la presentazione di Mio padre la rivoluzione alla libreria Mondadori di Campobasso, con Adelchi Battista. Ospiti di un giovane libraio coltissimo, bravissimo e gentile: Donato Porcarelli.