Buongiorno, ho letto in giro tante opinioni sull’ultimo film di Nanni Moretti, chi l’ha apprezzato, chi no, ma comunque se ne parla molto e questo è già un sintomo che il film molto contiene, sennò mica se ne parlerebbe. Anch’io ho visto “Il sol dell’avvenire” e l’ho apprezzato, quindi, per quel che vale, consiglio di vederlo. A meno che non si appartenga alla categoria degli allergici a Moretti. Scopro che esiste questa categoria e rispetto chiunque ne faccia parte, ma certo fatico a comprenderla, perché ho sempre stimato Moretti anche al di là del suo cinema, o meglio anche per i frammenti etici e politici che ha disseminato nella sua filmografia, restituendomi un punto di vista contrario alla mentalità prevalente nel mio Paese (“le parole sono importanti”, tanto per dire). Quindi per me Moretti, non mi vergogno a dirlo, è stato un “fattore educativo”, una specie di pedagogo.
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Provando a spiegare Trockij
Ad Alatri, ospite di Tarcisio Tarquini e presso l’associazione Coworking Gottifredo, in un bell’incontro con lo scrittore Andrea Melone, ho provato a spiegare Trockij, il fantasma e messia di Mio padre la rivoluzione (come l’ha definito Melone), l’eroe del what if e personaggio che mi è servito, in quasi tutti i capitoli del libro, a raccontare i cortocircuiti, i fallimenti, gli appuntamenti mancati, le sconfitte. Non so se ci sono riuscito ma, come spiegano le foto scattate dagli organizzatori del Coworking, ci ho provato.


Ho provato a spiegare alcune cose anche in questa conversazione con Gabriele Sabatini pubblicata da Flanerì alcuni giorni fa.
Se non bastano le mie parole, e in fin dei conti il lavoro, il libro, c’è poi una bella recensione di Sara Camaiora su Mangialibri.
«L’operazione che compie questo singolare autore è complessa e ammirevole. Attraversa la storia riscrivendone alcune parti, cancellando cose avvenute e immaginando un andamento diverso, oppure rielaborando fatti accaduti realmente.
Mio padre la rivoluzione va saputo capire, metabolizzare, ma rappresenta sicuramente un unicum nel panorama letterario nostrano. Per ricerca, per originalità. Per lo stile, con echi classicheggianti e stilemi ellenici intarsiati da un linguaggio aulico e elaborato. Per la capacità di unire storia e letteratura, regalandoci visioni “altre” e nel contempo facendoci riscoprire il passato».
Segnalo poi due appuntamenti:
– il 26 gennaio una presentazione a Torino, con Davide Franchetto e Danilo Zagaria, libreria Pantaleon, h 19.00.
– il 28 gennaio, a Milano, un incontro su storia e letteratura con Helena Janeczek, Giacomo Raccis, Andrea Tarabbia, Filippo Tuena, «Writers», Frigoriferi Milanesi, h 14.30.
Radio Days #3
È stata l’occasione per spiegare il ruolo del tempo nel libro: tempo personaggio, tempo storico passato presentificato, tempi verbali. E poi per parlare di Trockij, Bob Dylan e mio padre.
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È successo nel corso di un dialogo/intervista con Giordano Meacci su Mio padre la rivoluzione.
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Domenica 17 dicembre 2017 sono stato ospite del programma radiofonico La lingua batte su Radio3, curato da Meacci, in una puntata dedicata alla Rivoluzione.
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(Immagine nella foto di copertina tratta da: StockSnap)
Il difetto dei racconti trockisti
Il difetto dei racconti trockisti è che vengono più lunghi del previsto. Il primo racconto trockista doveva essere di 20mila battute, ma arrivò a 60mila. Il secondo racconto trockista doveva essere uno scherzo da 10mila battute, ma arrivò a 61mila. Credo dipenda dalla presunzione di permanenza, di essere continue e ininterrotte, che hanno direi un po’ tutte le iniziative trockiste (spazi inclusi). Nella ragione pragmatica questo consegue in racconti lunghi ma forse non permanenti, l’ennesima sconfitta del trockismo.
Spero che nella Roma di Virginia Raggi la vita di un estensore negletto (NON TROCKISTA) di racconti negletti trockisti possa proseguire. Non vorrei passare da una potenziale permanenza a una dissolvenza concreta.
Ora, il trockismo non interessa più a nessuno. Nessun -ismo interessa più a nessuno fra gli uomini, che si dedicano oggi a culti più antichi, riscoperti, o al Pantheon della tecnologia. Forse il trockismo potrebbe avere speranza fra i topi. Questi roditori del resto sono entristi da sempre. Una moltitudine trockista di topi resusciterebbe forse la IV internazionale, allargando alleanze e utopie e speranze oltre le fogne urbane e statuali, nel più vasto recinto del mondo globale. Ma dovrebbe poi fare i conti con un’armata e Lega invincibile, quella tra gli uomini (signori dello sterminio), i gatti (anarchici, apolitici, feroci coi topi) e i cani (da sempre destra sociale, obbedire e combattere, se avanzo seguitemi).
Quindi la morale è che il trockismo, che riguardi gli uomini o i topi, è sempre sconfitto. E questo un estensore di racconti trockisti deve tenerlo presente, anzi permanente.
Nelle foto, la presentazione di Mio padre la rivoluzione alla libreria Mondadori di Campobasso, con Adelchi Battista. Ospiti di un giovane libraio coltissimo, bravissimo e gentile: Donato Porcarelli.