
Nei suoi ultimi due anni di vita (1975-1976) Arrigo Benedetti fu direttore di Paese Sera. Risale a questo periodo un suo breve elenco di istruzioni alla scrittura, steso a profitto dei redattori del quotidiano. Ecco cosa scriveva:
- «Po’, per poco, si scrive con l’apostrofo, non con l’accento».
- «Si scrive se stesso e non sé stesso».
[…]
- «Le maiuscole vanno usate in modo parsimonioso (nome e cognome, città, nazioni). Sono sempre da evitare quelle reverenziali, sia per gli enti pubblici che per il loro titolare. Unica eccezione la parola Repubblica, quando ci riferiamo alla repubblica italiana, Papa e Presidente quando non sono seguiti dal nome del papa o dal presidente della Repubblica».
[…]
«Non si usano i verbi inventati, come evidenziare, presenziare, potenziare, disattendere; o superflui come effettuare per fare, iniziare per cominciare; i francesismi come “a mio avviso”; le frasi fatte come “madre snaturata”, “folle omicida”, “agghiacciante episodio”, “in preda ai fumi dell’alcool”, “i nodi da affrontare”, “nell’occhio del ciclone”, “l’apposita commissione”; gli aggettivi che servono a caricare di infamia chi non ne ha bisogno, come il “criminale fascista”, “l’infame dittatore”».
Una nota finale scritta con il pennarello scolpiva il carattere e il pensiero di Arrigo Benedetti:
«Con preghiera di fare più giornalismo e meno ideologia».
Da Edo Parpaglioni, C’era una volta Paese Sera, Roma, Editori riuniti, 1998, p. 61.