Stati di grazia: un [mio] romanzo di racconti

Ho aperto su questo sito una pagina dedicata a Stati di grazia (il Saggiatore), il [mio] romanzo che esce alla fine del mese, il 27 febbraio 2014. La pagina ospita materiale introduttivo al libro, alla storia, ai personaggi. Le fantasticherie: anch’esse sono materia e materiale del libro, e della pagina. Il contesto delle immagini (alcune bellissime, che ho trovato; altre scattate da me) dov’è nata l’idea di scrivere e scriverne: terra, miniere, lavori, daffare, operosità, infanzia, vecchiaia, Sicilia, Argentina, Roma, canne da zucchero, uniformi, dittatori. Il testo, anzi i testi: brevi intro ai luoghi e ai personaggi.

[Accidenti, ho usato il termine “romanzo”! Come ci sono arrivato? Come ci sono entrato? Ne avrò il diritto? Ma insomma il mio desiderio era questo: che Stati di grazia fosse un romanzo di racconti; e il mio impegno è stato conseguente.]

Stati di grazia

Da qui all’uscita del libro caricherò altri post che te l’illustrino: video, fotografie, testi. Ogni oggetto entrerà nel catalogo/tag: davideorecchio.it/tag/stati-di-grazia. Vorrei incuriosirti, metterti voglia di prendere in mano questo libro e, addirittura, leggerlo! È proprio il mio sforzo, l’ammetto.

[La lettura: l’attenzione panda in dismissione in estinzione. L’attenzione. La concentrazione. Il rapporto. In estinzione il rinoceronte il libro. Non riesco a immaginare di questi tempi un dono più prezioso, da persona a persona, dell’attenzione, qui in forma di lettura.]

L’idea di scrivere Stati di grazia risale a dieci anni fa. C’era tutta una serie di vicende e luoghi che m’affascinavano: Enna, l’Argentina del nord, l’esilio argentino a Roma negli anni settanta e ottanta del Novecento. Nella prima stesura, del 2004, della quale non resta più nulla di nulla, il titolo era Il libro argentino dei fossili. Aveva persino un’epigrafe: «… Ma per me il mondo non è mai stato un luogo ostile» (Hans Jonas).
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Allora la questione che pone Stati di grazia è: ha ragione il filosofo Hans Jonas (cui il nazismo sterminò la famiglia, cui i tedeschi depredarono ogni possesso) nel sostenere che il mondo non è un luogo ostile, oppure è nel giusto un certo recondito “Io” che spesso ci avverte: «Attenzione, il mondo ti odia! Difenditi»?

[Un’altra questione (anzi direi una prescrizione) è: ogni essere umano ha il diritto di vivere sereno, felice se può, del suo lavoro, dell’amore che offre e riceve. Senza coercizione. Senza interventi. Feroci. Della violenza.]

Non vorrei confonderti le idee. Non è un trattato di filosofia. Non è un manuale di lotta politica. È davvero, e solo, un congegno, una narrazione (il tentativo di). Se gli darai una possibilità, spero che nelle vite di Paride, Ximena, Diego, Aurora, Arturo, Johnny Tossi e Matilde Famularo troverai odore, sapore, tracce della vera – odorosa – saporosa – esistenza.
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L’altro giorno, in una mail a un giovane amico scrittore, riflettevo – mi davo le arie – con la barba – gli occhiali – il computer: «Proviamo a spostare il ragionamento dal tempo immaginato, sognato, costruito, che narriamo o leggiamo a… un luogo, uno spazio dove rinascere, ricrearci, forse proprio un’isola. Utopia è stata un’isola, prima che diventasse un futuro di perfettibilità da realizzare. Quindi parliamo di luoghi e di esseri, di noi. Il divenire non è tempo, è la realtà che il tempo misura, incornicia, asseconda. Il tempo è la nostra operazione di archiviazione del mondo. E adesso: dalla contabilità al desiderio. Tu cosa desideri? Io cosa desidero? Io desidero una realtà diversa. Il libro placa la mia frustrazione. La lettura è la forma di un sogno. La scrittura è un sogno. Lo stile, quando funziona, è un desiderio che s’avvera dopo la contestazione della realtà dozzinale. La storia è il congegno dove il desiderio s’avvera. La pagina, il segno tipografico, il paragrafo, il capitolo sono l’orizzonte e la mappa della rivoluzione; e il carburante per il desiderio. Il racconto, lo stile, la storia escono da un processo di liberazione. E’ proprio questo: un processo – di liberazione: da uno stile cattivo, da una storia rozza, dalla gora reale. Si tratta di detergersi, scavare, scalpellare fino a raggiungere il luogo – non luogo, isola – oltre il quale non abbiamo più la forza di procedere. Quello è il risultato del viaggio. Il testo. Io, in fondo, questo voglio: essere un testo; nient’altro che un testo»..

Ora decidi un po’ tu se tutto ciò sappia, in qualche modo, interessarti.

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