Alfabeta2 pubblica sul suo sito una bella recensione di Stati di grazia firmata da Francesca Fiorletta.
Inizia così:
«Meglio abituarsi in fretta al suo stile acerbo, immaturo nell’opporsi al tempo per restare quello che è, ostile ai processi, nemico dei flussi, arrabbiato col divenire, disgustato da ieri, incrostato nel presente (un gatto sul ramo), smemorato del futuro (un vecchio in una casa che si logora)». Meglio abituarsi in fretta allo stile puntualissimo e struggente della scrittura di Davide Orecchio, alle sonorità evocative e martellanti del suo fraseggio ondulatorio, al consuntivo e paradigmatico uso della sua stringente punteggiatura.
Meglio abituarsi in fretta alla pratica dell’elencazione spasmodica con cui Orecchio accomuna immagini surreali e perentorie, tranciate di netto sulla pagina viva e allo stesso tempo modulate con una certa nostalgica morbidezza del gesto, quasi celate sotto pelle eppure continuamente sovraesposte, agli occhi del lettore, grazie a un linguaggio sapiente e molto consapevole, che mescola gli idiomi del quotidiano alle rivendicazioni di una prosa quasi barocca, incredibilmente garbata e tuttavia pregevolmente scarnificante.
Ma è da leggere tutta, fino alla fine, dove si afferma una verità.