Più che una recensione è un saggio critico, quello scritto da Andrea Cabassi per Giuditta Legge, che parte da Mio padre la rivoluzione per suggerire spunti, testi, interpretazioni, approfondimenti. È uno scritto di raffinatezza notevole. Di meglio, a una lettura, un libro non potrebbe chiedere:
«In questo romanzo, anche se si parla tantissimo di Lenin, il vero protagonista è Trockij».
«Il suo fantasma aleggia anche nelle pagine in cui non è citato. Perché Trockij rappresenta l’utopia e la distopia. Rappresenta una diversa possibilità della rivoluzione. Un cammino che avrebbe potuto biforcarsi in un altro sentiero. Chissà, forse le cose non sarebbero cambiate molto, ma non lo sappiamo, non abbiamo la controprova. E’ a questa utopia, a questa distopia che dobbiamo aggrapparci se vogliamo salvare gli ideali per i quali era scoppiata la rivoluzione: un tentativo radicale di riscatto da condizioni economiche terribili che erano ulteriormente peggiorate con la prima guerra mondiale. Un tentativo di portare l’eguaglianza in un mondo che la disconosceva, non la riconosceva. Trockij incarna l’alternativa possibile e mai realizzata. Incarna il sogno».
Il deuteragonista non è Lenin, ma Stalin
«Ma, se Trockij incarna quest’alternativa, questo sogno, allora l’altro protagonista, il deuteragonista non è Lenin, ma Stalin, colui che ha incarnato il terribile reale. Nel libro il confronto tra i due è avvincente, drammatico, tragico. In mezzo a loro Hitler, i cui discorsi si con/fondono con quelli di Stalin. Senza mai che l’autore cada nel luogo comune dell’equiparazione. Orecchio complessifica e rende oltremodo dolorosi gli accostamenti in una continua tensione etica, sempre sottotraccia, velata da una sottile e malinconica ironia. Per questo ancora più intensa».