Risolvere un padre

Il primo settembre del 1915, 106 anni fa, forse intorno a quest’ora, nasceva il signore nelle foto. Mio padre. Quando era vivo, non capivo nulla di lui. Ed era un po’ un torturatore. Aveva il problema di non riuscire a fare del bene alle persone cui voleva bene. Ma che le amasse e fosse amato da loro è certo. Dopo la sua morte, infatti, quell’amore è resuscitato. Non si può odiare un morto, soprattutto se da vivo ti ha amato. Ma conoscere un padre morto è possibile? Cioè capire qualcosa di lui. Si può? Lasciò, mio padre, milioni di parole. Milioni e milioni di parole. Scritte. Lasciò la sua storia. È stato il suo regalo per chi è rimasto. Un dono pesante che può anche schiacciarti. In una delle foto mi guarda e spara. Sembra sfidarmi. “Prova a risolvermi, se sei bravo. Spara prima di me”. Ma come fai a risolvere un padre? Io comunque non gli ho mai sparato, e non sparo neanche adesso. Invece ho studiato le sue parole. Molto, e a lungo. E ho fantasticato sulla sua vita impressionante. Questo padre ho deciso di risolverlo così, ringraziandolo: per avermi lasciato tanto da studiare e da immaginare. L’ho risolto studiandolo. Sono andato a conoscerlo. Credo che ci siamo fatti un regalo reciproco. E abbiamo deposto le armi. Un morto e un vivo possono anche parlarsi. Piccoli miracoli tra esseri umani.