Un mio incompleto percorso nella letteratura e memorialistica della Resistenza romana.
“Perché si racconta una storia? Forse per poterla capire. La scrittura narrativa parte spesso da quel bisogno lì. Comprendere cosa è successo mentre lo si racconta. Comprenderlo grazie al racconto. Ma ci sono storie e storie. Alcune sono talmente esemplari, feroci, stupefacenti e memorabili che non le si capirà mai fino in fondo, né le si vorrà dimenticare. Allora il racconto dovrà essere trasmesso di voce in voce, di scrittura in scrittura, di generazione in generazione.
La lotta per liberare Roma dall’occupazione nazifascista, combattuta dal 9 settembre 1943 al 4 giugno 1944, appartiene a una di quelle storie. Continuiamo a raccontarla non per liturgia, ma perché ancora ci sbalordisce e interroga. Seppure la Resistenza non sia mai stata patrimonio condiviso da tutti gli italiani. E forse lo facciamo proprio per questo motivo”.
Prosegue su Alias del sabato, il Manifesto, che ringrazio per l’ospitalità.
Come scrittore, mi sono sempre chiesto se abbia senso “ri-raccontarla”, e qual è il modo giusto di farlo. La domanda non si ferma.

