Alias, l’inserto culturale del Manifesto, il 12 novembre ha pubblicato una recensione di Riccardo De Gennaro a Mio padre la rivoluzione, dove, mi pare, l’unica riserva riguarda Cast, il blocco centrale di citazioni storiche e storiografiche. Ma, per il resto, De Gennaro rileva «la magia di una narrazione felicemente sostenuta da una scrittura ricercata e immaginifica, irruente ed evocativa […]. Ciò che preme a Orecchio è spogliare la rivoluzione dei suoi luoghi comuni, ripulirla dalle scorie della retorica del socialismo reale, lasciarsi alle spalle i propri entusiasmi giovanili…».
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Città distrutte cinque anni dopo
A quasi cinque anni dalla sua uscita, Città distrutte suscita ancora qualche riflessione. A cominciare da quelle di Riccardo Castellana che, in un saggio notevole su La biofiction. Teoria, storia, problemi, pubblicato su «Allegoria», 70-71, osserva: «Per Città distrutte, a rigore, non dovrei parlare di biofiction, perché nessuno dei personaggi di queste sei biografie infedeli porta il nome di una persona reale: è assente cioè il nome proprio come “designatore rigido”, direbbero i filosofi del linguaggio, capace di assicurare il legame tra la persona reale e la sua “controparte” finzionale. Eppure, credo che in questo caso l’eccezione possa essere giustificata dal…
Angelo Ferracuti, Alias/il Manifesto, su Stati di grazia
Su Alias del 27 aprile Angelo Ferracuti dedica a Stati di grazia un articolo bello e (per me molto) importante: «… Quello che colpisce in questo libro, oltre al complesso montaggio dei materiali narrativi, la cui appendice rende merito di una bibliografia presunta, riguarda i molti registri e variazioni timbriche, una visione corale polifonica. La lingua è molto elaborata, frutto di un lavoro, di una ricerca letteraria assai rari negli scrittori della generazione di Orecchio: sempre densa, ricca, piena di simboli, ma anche corporale, sensoriale, fatta di odori e sapori…» QUI LA RECENSIONE COMPLETA (spoiler)