Radio Days

Due passaggi radiofonici per Mio padre la rivoluzione.

Su RadioPopolare (nel corso della trasmissione Sabato Libri a cura di Roberto Festa) il saggista e scrittore Francesco Cataluccio propone dieci libri che, a cento anni dalla Rivoluzione russa, raccontano, approfondiscono, interpretano gli avvenimenti che sconvolsero il mondo. E spende belle parole per il mio lavoro.

Il libro è stato citato anche su Radio24nella trasmissione Un libro tira l’altro condotta da Salvatore Carrubba (puntata del 5.11.2017).

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Poi vedo una bandiera come questa (fotografata da Guido Pacifici) con sopra Stalin, che ha sventolato il 7 novembre per le vie di Mosca, e mi pare più inverosimile del Trockij vivo nel 1956 che ho immaginato io. Invece è vera.

Non è solo questione di pochi nostalgici. Oleg V. Chlevnjuk, storico russo e biografo di Stalin, nella sua monografia sul dittatore (2015) avverte che nella Russia di Putin è tornato il mito di Stalin: stuoli di agiografie, opere apologetiche di pseudostorici riabilitano Koba il “grande statista” e la mitologia che gli appartiene. Lettori insoddisfatti dal presente trovano rifugio nell’invenzione del passato.

Anche “a ovest” l’equivoco prosegue, seppure meno nocivamente. Ho assistito a trasmissioni tv in cui si definiva Stalin l’uomo che ha reso la Russia una grande potenza, e che l’ha industrializzata. Siamo ancora a questi luoghi comuni. E’ il cinismo della ragione di stato che si fa storiografia: la costruzione dell’impero, degli armamenti, delle fabbriche, delle centrali nucleari che poi collasseranno, giustifica e dà senso alla dittatura dei gulag, e persino alla rivoluzione; ossia la rivoluzione trova il suo esito “apprezzabile” nell’impero industrializzato sovietico. Come se tra i bisogni e i desideri della rivoluzione vi fosse la costruzione di un impero (il che non mi pare). Era l’espansionismo zarista che desiderava un impero, piuttosto.

(Immagine in copertina tratta da Gellinger, Pixabay)