Kim al Campiello

Mio padre la rivoluzione” (minimum fax) è nella cinquina del prestigioso Premio letterario Campiello. Assieme a Ermanno Cavazzoni, “La galassia dei dementi” (La Nave di Teseo); Helena Janeczek, “La ragazza con la Leica” (Guanda); Rosella Postorino, “Le assaggiatrici” (Feltrinelli); Francesco Targhetta, “Le vite potenziali” (Mondadori).

Spero che questo dia una nuova occasione a una delle storie del libro, il «Partigiano Kim».

Fu capo partigiano in Liguria, a 20 anni. Abitò le pagine di un romanzo, “Il sentiero dei nidi di ragno”, che il suo amico Italo Calvino dedicò proprio a lui: «A Kim, e a tutti gli altri». Quando smise d’essere Kim e tornò negli abiti civili di Ivar Oddone, maturò in un medico del lavoro e, a Torino negli anni ’60 e ’70, con l’appoggio della Camera del Lavoro rivoluzionò la gestione della salute e della sicurezza nelle grandi fabbriche insieme a operai, studenti, sociologi, psicologi, medici, economisti, sindacalisti, magistrati, legislatori: lui li definiva «esperti grezzi», «uomini nodali» della «comunità scientifica allargata». La sua opera di medicina preventiva è conosciuta e tradotta in tutto il mondo. 

Oggi in Italia infortuni e morti sul lavoro sono in aumento. Cito da rassegna.it: 

«Nel periodo gennaio-marzo 2018 (ultimo dato disponibile) sono state 212 le morti sul lavoro denunciate all’Inail, l’11,58% in più rispetto allo stesso periodo del 2017. Un’altra fonte, l’Osservatorio indipendente di Bologna, conta invece oltre 450 vittime dall’inizio dell’anno ad oggi, 18 maggio. Ma anche allargando l’analisi ad un periodo più ampio, il fenomeno non esce ridimensionato, come pure alcuni osservatori tendono a suggerire. Se, infatti, il numero assoluto di morti e infortuni sul lavoro degli ultimi anni è più basso rispetto a quello di un decennio fa, va tenuto certamente conto degli effetti dirompenti che la crisi economica ha prodotto, non tanto sul numero di occupati, quanto sulle ore effettivamente lavorate».

Sono molte e urgenti le cose da fare per fermare questa strage. Servono soldi, risorse, intenzioni serie e dialogo tra lavoratori, politica, istituzioni, datori di lavoro e sindacati. Ma l’Italia non parte da zero. L’Italia ha una storia e una cultura del lavoro che la vita e le opere in titoli maiuscoli di Ivar Oddone illustrano bene.

Quella del partigiano Kim è una vita della quale andare fieri.

Per questo l’ho raccontata.

Il lungo viaggio del partigiano Kim

Kim pagina99

Su pagina99 (Anno I, n. 71, 6-12 dicembre 2014), provo a raccontare la storia di quel ragazzo col fucile in spalla e le gambette magre che si vede nella foto.

[  27.04.2015: Una versione estesa del pezzo è uscita su Nazione Indiana il 25 aprile 2015. ]

Fu capo partigiano in Liguria, a 20 anni. Abitò le pagine di un romanzo, “Il sentiero dei nidi di ragno”, che il suo amico Italo Calvino dedicò proprio a lui: «A Kim, e a tutti gli altri». Quando smise d’essere Kim e tornò negli abiti civili di Ivar Oddone, maturò in un medico del lavoro e, a Torino negli anni ’60 e ’70, rivoluzionò la gestione della salute e della sicurezza nelle grandi fabbriche. La sua opera di medicina preventiva è conosciuta e tradotta in tutto il mondo. Teorizzò la non-delega della salute da parte degli operai, che dovevano essere i primi a difendere il proprio ambiente di lavoro. Mi rendo conto solo ora, con sconcerto, che questo articolo esce nell’anniversario della strage alla Thyssen Krupp (Torino, 6 dicembre 2007). Nulla è casuale, tutto coincide?

Per me studiare la storia di Kim è stato un prendere ossigeno: per respirare un altro po’ in questi tempi di apnea personale e collettiva nei quali mi pare di vivere. Spero che quest’ossigeno possa essere utile anche ad altri.