Lo scorso 24 gennaio il Festival delle scienze di Roma (quest’anno dedicato all’Ignoto) ha ospitato una lezione del filosofo inglese Simon Critchley: «Il pericolo delle certezze» – questo il titolo – quasi interamente dedicata a Jacob Bronowski (1908 – 1974), un matematico e letterato britannico di origine polacca che ebbe un enorme successo all’inizio degli anni ’70 col programma di divulgazione scientifica “The Ascent of Man”, trasmesso in tv dalla Bbc. La lezione di Critchley riprende in parte un suo articolo pubblicato nella rubrica “The Stone”, che tiene sul New York Times (per chi volesse leggere, ecco il link).
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«Da bambino», ricorda Critchley (qui riporto solo una sintesi già pubblicata sul sito dell’Auditorium) «seguivo una straordinaria serie di documentari scientifici intitolata “The Ascent of Man”, condotta dal dottor Jacob Bronowski. L’episodio 11, intitolato “Conoscenza o certezza”, cominciava con queste parole: “Uno degli obiettivi delle scienze fisiche è sempre stato fornire un quadro reale del mondo materiale. Nel Novecento, una delle conquiste della fisica è stata la dimostrazione che tale obiettivo è irraggiungibile”». Continua a leggere “Della tolleranza”
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August Landmesser, l’uomo che negò il saluto nazista
E’ il 1936. Nel cantiere di Amburgo s’inaugura una nave scuola della marina militare. Centinaia di operai tendono il braccio per il saluto nazista. August Landmesser no: lo stringe al petto insieme all’altro. Rifiuta l’Heil Hitler.
La foto è rispuntata su internet ma circolava già da tempo, insieme ad altri dettagli sulla storia (vedi Wikipedia e qui). Ne scrivono il Washington Post ed El Mundo citando un blog giapponese che l’ha rilanciata sulla sua pagina Facebook. Landmesser fu identificato dalla figlia nel 1991. Era un operaio della Blohm & Voss. Tra il 1931 e il 1935 militò nel partito nazista, perché trovare lavoro senza la tessera del partito era impossibile. Ma poi l’espulsero per aver sposato Irma Eckler, una ragazza ebrea.
Irma e August ebbero due figlie, Irene e Ingrid. August finì in carcere con l’accusa di avere disonorato la razza. Ne uscì solo nel 1941, in tempo perché lo arruolassero e si perdessero le sue tracce nella carneficina della Seconda guerra mondiale.
Sul conto di Irma, il Post scrive che fu rinchiusa in una prigione di Amburgo amministrata dalla Gestapo. Altro non si sa. Sopravvisse ai campi di sterminio? La risposta si può trovare nella storia di famiglia scritta dalla figlia Irene (che finì in orfanatrofio, mentre la sorella Ingrid fu affidata alla nonna): Die Vormundschaftsakte 1935-1958. Verfolgung einer Familie wegen “Rassenschande” : Dokumente und Berichte aus Hamburg.
Quanto ad August, se non avesse incontrato e amato l’ebrea Irma forse la sua storia sarebbe stata diversa. Forse sarebbe rimasto nazista. Forse avrebbe offerto il saluto nel porto di Amburgo, nel 1936. Ma non è andata così.
Il viaggio di Hans Jonas
Hans Jonas era un giovane dotto. Un ebreo tedesco. Studiava gli gnostici. Prendeva il tè con Heidegger. Ma capì presto che l’epoca non gli avrebbe consentito di essere “solo” quello. Appena dopo la presa del potere di Hitler fuggì dalla Germania. Poi il filo spinato di anni nazisti, fascisti, interminabili, nauseabondi, psicotici ed è il 1945 e Hans Jonas torna a casa, a Mönchengladbach in Germania. Manca da più di dieci anni. Nel ’44 si è arruolato nelle Brigate ebraiche, esercito britannico, è da lì è iniziato il suo Bellum Judaicum, il viaggio di ritorno.
La campagna d’Africa, lo sbarco in Sicilia, l’Italia intera fino alle Alpi, l’Austria, la Germania. La battaglia vinta da Jonas contro il nazismo sta tutta in questo viaggio, dove l’ebreo tedesco in divisa riconquista il terreno perduto e le truppe di Hitler si ritirano come un virus debellato dalla cura.
Ma la malattia era mortale e quando Jonas bussa alla porta della casa dov’era cresciuto insieme al padre, alla madre e al fratello, non trova più nulla. Nuova gente ha occupato la casa approfittando dell’esproprio nazista. Quello che gli apparteneva, gli è stato tolto. Allora cerca sua madre, ma anche lei gli è stata tolta: ad Auschwitz. Allora cerca il suo editore, ma si è rifugiato in qualche cantina e non pubblica più da anni.
Jonas è rimpatriato in un deserto, in una patria azzerata. Basta questo per dire un’altra volta addio. Trascorrerà il resto della sua vita in Israele e negli Stati Uniti. Tornerà in Germania solo per conferenze o viaggi di studio. Ci spiegherà che dobbiamo darci un’etica biologica, ci insegnerà il Principio di Responsabilità verso il mondo in cui viviamo, che ci contiene e nutre. Ci insegnerà la cultura del rispetto per la vita; non dell’odio o della vendetta. Eppure aveva tutti i diritti all’odio e alla vendetta. L’intera esistenza di Hans Jonas, per me, è un atto di eroismo.
Le Memorie di Hans Jonas (Erinnerungen, 2004) raccolte da Rachel Salamander, sono state pubblicate in Italia dal Melangolo nel 2008. Sono una lettura emozionante e offrono ritratti indimenticabili di Hannah Arendt e Martin Heidegger.