Sokurov, Tarkovskij

Che l’autore di Faust e il creatore di Andrej Rublëv avessero affinità elettive il mondo lo sa, e la rete pure. Nell’URSS dei tardi Settanta il secondo, già emarginato e prossimo all’esilio, fa da mentore al primo.

Nel 1979 Sokurov, come ricostruisce Mauro Martini su Lettera22, “…è già un reietto: i suoi primi saggi vengono immediatamente accusati di formalismo e di antisovietismo e gli costano l’allontanamento dalle aule della scuola (l’Istituto pansovietico di cinematografia di Mosca, ndr), anche se gli viene consentita la possibilità di dare gli ultimi esami da esterno”.

“Peggio che andar di notte: Sokurov gira, a mò di prova finale, il suo primo film Odinokij golos čeloveka (La voce solitaria dell’uomo)”.

Scrive ancora Martini:

“(…) Il regista di Andrej Rublëv resta colpito dalla forza espressiva di quel giovane sconosciuto e si batte come un leone perché al film venga riconosciuta una distinzione di merito. Non che la cosa serva a molto: La voce solitaria dell’uomo uscirà soltanto nel 1987, nell’epoca della glasnost’ di Michail Gorbačëv”.

Seguono anni di oscurità e oblio. Tarkovskij progetta film che non può realizzare per il boicottaggio delle autorità. Ed espatria in Italia. Sokurov, ricostruisce ancora Martini,

“riesce invece a realizzare le sue proposte, ma le pellicole prodotte non vengono messe in circolazione: per sette anni il regista lavora ma nessuno è messo in condizione di vedere quello che fa. E arriva all’età di trentasei anni senza che il suo nome sia minimamente conosciuto, tranne che per le citazioni che Tarkovskij gli riserva, citandolo come un ‘genio del cinema’, nelle interviste che rilascia una volta approdato all’estero”.

Di quest’amicizia resta l’omaggio dell’Elegia moscovita, il film che Sokurov dedica a Tarkovskij.

L’affetto e la stima di Andrej per il giovane regista sono invece testimoniati dalle pagine che gli dedica nel suo diario (il Martirologio):

11 dicembre 1981
“Stamattina ho visto la prima variante della Sonata per alto – Dmitrij Šostakovič di Saša Sokurov. Notevole. Nonostante sia anche questo un film rovinato dalle correzioni. Non è facile per Saša. Gli ho proposto l’Acchiappagatti di A. Grin, utilizzando come base del materiale di cronaca filmata. Si è molto affezionato a quest’idea, tanto che mi ha detto che quello che avevo fatto equivaleva a quello che aveva fatto Puškin quando propose a Gogol il tema, o meglio l’idea, delle Anime morte”.

29/30 gennaio 1982
“Saša Sokurov è una persona notevole ed è costretto a soffrire molto! Col talento che ha, a Leningrado! Ma sarebbe lo stesso anche a Mosca!”.

23/24 febbraio 1982
“Saša Sokurov e Jura Riverov sono davvero in una brutta situazione: non danno loro più lavoro. (…) E poi in alto loco sanno bene quali siano i loro rapporti con me e gliela fanno pagare cara. Li accusano di farsi influenzare da me, un’influenza la mia che è deprecabile, naturalmente. Sta diventando pressoché impossibile respirare”.

Un giorno del 1982 Tarkovskij prende la decisione:

“Io sono incompatibile con il cinema sovietico. Nessuno dei miei film è mai stato presentato a un festival sovietico! Non ho mai ricevuto alcun premio in URSS per i film. Si tratta di una persecuzione preparata e a lungo termine. Che cos’aspetti ancora?”.

Ma negli anni dell’esilio il contatto non si spezza.

26 marzo 1983
“… Parlare con Jure L. di una fidanzata per Saša Medvedev e per Saša Sokurov”.

Il 6 maggio 1985, durante le riprese di Sacrificio, in Svezia, e un anno prima di morire prematuramente (un tumore al polmone: troppe sigarette o troppo stalinismo?), Tarkovskij imprime un ultimo pensiero per Aleksandr:

“Notizie di Saša Sokurov: dice che quando parlo di lui, qui in Occidente, lassù è un sollievo per lui, perché per un po’ lo tolgono dalla graticola. Sebbene il suo film sia sempre nel cassetto – lo giudicano troppo ‘elitario’. Oh Signore!”

Vedi anche Un esilio.