Federico Rampini nel suo blog iscrive Clint Eastwood nella lista dei grandi reazionari di Hollywood, facendolo precedere da John Wayne Ronald Reagan Charlton Heston. Però il rapporto tra Hollywood e politica, o tra attori americani e politica, è talmente controverso che non solo le nostre categorie europee fascismo/antifascismo non riescono a comprenderlo, ma neanche con un più moderno approccio bipolarista ci si capirebbe qualcosa. Reagan ad esempio era democratico e pro Roosevelt, poi per paranoia anticomunista si convertì al maccartismo e anzì lo guidò come presidente del sindacato attori. Il resto è storia nota: la California, il massacro di Berkeley (fu Reagan a mandare la polizia nel campus), la Casa Bianca.
Heston invece, prima di imbracciare i fucili della NRA, scese in piazza per i diritti civili negli anni 60. Quel giorno a Washington, quando MLK disse I have a dream, Heston c’era; strano tipo di reazionario (del resto nell’800 i Repubblicani di Lincoln erano contro la schiavitù e i Democratici a favore).
Di certo, in questo loro tradizionale e fluido vai e vieni tra un partito e l’altro, tra una battaglia e l’altra, gli attori di Hollywood si troveranno adesso in difficoltà, visto che il GOP è diventato una banda di ultrareazionari. Resta comunque l’importantissimo fattore della recita, a legare Hollywood alla Casa Bianca. La patetica recita messa in scena ieri da Clint. E la recita, carismatica ed emozionante ma pur sempre recita, sfoggiata da Obama nella campagna elettorale del 2008; perché non c’è nulla di più fittizio della speranza (Hope).
Quest’anno Obama farà una campagna meno recitata e sarà dura, e mi auguro vivamente che vinca (queste ultime righe le aggiungo per non dare nulla per scontato, neanche ciò che lo è).