La notte tra l’11 e il 12 settembre 1973 una persona a me molto cara dedicò questi versi a Salvador Allende.
(“perché ancora per molti secoli / non ci è permesso di morire”).
Uno scrittore
QUI SU NAZIONE INDIANA LA VERSIONE INTEGRALE del racconto uscito ad agosto sul Manifesto. “Un ebreo americano nella Berlino di Hitler. Il diario di Abraham Plotkin (1932-1933)”. Col doppio di storie, episodi, illusioni e violenze berlinesi.
Ma la saga di Plotkin non si chiude né apre a Berlino. Dall’Internet 1.0, dall’archivio di uomini e fatti emerge la voce in audio di Plotkin che racconta il sé stesso fanciullo, quindicenne minore al lavoro in uno sweatshop di New York.
«Imparai a odiare il mio quartiere. Odiavo il negozio dove lavoravo e odiavo le bande e i borseggiatori di Rivington Street».
LA VOCE DI PLOTKIN
UN ESTRATTO TESTUALE
FONTE: Child Labor Resources at the Catherwood Library and the Kheel Center
Dall’archivio di Ellis Island affiora l’immagine di una nave, la Barbarossa che arriva da Brema nel 1901 e sbarca un Abraham Plotkin di anni otto in viaggio dall’Ucraina. È lui? Io credo di sì. Lo portò Barbarossa.


FONTE : www.ellisisland.org Continua a leggere “Una grande vita americana” →
Poi venne il fidanzato ostia, che si offriva al vittimario. E non era né carne né pesce. E si lasciava ingoiare. Solo una volta le disse: potresti per cortesia diventare onnivora, così da non saziarti solo di me?