La rivista Allegoria pubblica una bella, lucida, esattissima (mi sembra) e inattesa (visto che è passato già molto tempo dall’uscita del romanzo) recensione di Stati di grazia, firmata da Marco Mongelli:
«Stati di grazia, opera seconda di Davide Orecchio, reca sulla copertina la dicitura “romanzo”, sicuramente in virtù del carattere onnivoro della categoria ma forse anche perché un’espressione più precisa per descrivere un libro del genere ancora non c’è. Quest’opera, infatti, fra le più importanti dell’ultimo decennio italiano, presenta una struttura narrativa complessa e una mescolanza di regimi discorsivi differenti. Se il precedente Città distrutte. Sei biografie infedeli (2012) mimava la biografia, Stati di grazia vuole essere una ricostruzione memoriale di un periodo storico, la dittatura in Argentina negli anni ’70, e di un fenomeno, le migrazioni dall’Italia prima e verso l’Italia poi di esuli e fuggiaschi. Ricostruzione compiuta attraverso l’invenzione di storie verosimili e l’utilizzo di una lingua e di uno stile iper-letterari».