«Non so più quando sono morto. Ho sempre pensato di essere morto da vecchio, verso i novant’anni, e che anni, e che il mio corpo stesse a provarlo, dalla testa ai piedi. Ma questa sera, solo nel mio letto gelato, sento che diventerò ancora più vecchio di quel giorno, quella notte, che il cielo con tutte le sue luci mi cadde addosso, lo stesso cielo che avevo guardato tanto, da quando erravo sulla terra lontana. Perché questa sera ho troppo paura per ascoltarmi imputridire, per aspettare le grandi cascate rosse del cuore, le torsioni dell’intestino cieco senza sbocco, per aspettare che si adempiano nella mia testa i lunghi assassini, l’assalto ai pilastri incrollabili, l’amore con i cadaveri. Mi racconterò dunque una storia, per cercare di calmarmi, e in questa storia sento che sarò vecchio, vecchio, più vecchio ancora del giorno che caddi, gridando aiuto, e che l’aiuto venne».
Samuel Beckett, da “Il calmante”, in Primo amore, trad. it. F. Quadri e C. Cignetti, Einaudi, Torino 1979. Citato in Cees Nooteboom, Tumbas, Iperborea, Milano 2015, p. 65.
Foto: particolare da Roger Pic – Bibliothèque nationale de France, Samuel Beckett 1977.