Pertini chiedeva le armi

Da una memoria di Aldo Natoli:

«Appresi che di lì a poco in piazza Colonna ci sarebbe stato un comizio del partito, doveva parlare Longo. Andai a piazza Colonna, per me è indimenticabile l’atmosfera che si respirava quel giorno. Non c’era molta gente, ma c’era una grande inquietudine. Mentre aspettavamo che il comizio cominciasse – c’erano Amendola e Longo – a un tratto sbucò un gruppo di motociclisti i quali attraversarono rapidamente la piazza, da Largo Chigi imboccarono il Corso, sparando. Spararono in aria, evidentemente, perché io non ho visto cadere nessuno, ma questo fu sufficiente perché la folla si disperdesse. Io stesso fuggii dentro la Galleria Colonna e lì stavo appiattito contro la saracinesca abbassata di un negozio quando, volgendomi verso la mia destra, vidi Giaime [Pintor].

(…)

In quell’attimo aveva infilato la mano sotto la giacca e ne aveva tirato fuori un’enorme pistola.

(…)

Io non ero armato.

(…)

Fu una cosa storica (…). Straordinaria (…). Ci aspettavamo che la sparatoria continuasse, invece non si sentì più niente. Quindi Giaime rimise dentro quell’ordigno e insieme ci incamminammo verso un posto dietro la Camera dei deputati.

(…)

Salimmo una scala fino a un appartamento dove c’era un gruppo di socialisti e di Giustizia e Libertà, tra cui Pertini e Colorni, che discutevano animatamente.

(…)

Pertini chiedeva armi per scendere in piazza.

(…)

Poi ce ne andammo.

(…)

Fuori ormai non c’era più nessuna agitazione, la città sembrava abbandonata. Insieme ci dirigemmo verso casa.

(…)

Senso di vuoto.

(…)

Avevamo davanti a noi l’occupazione di Roma».

Questo accadeva il 9 settembre 1943, primo giorno di una lunga guerra civile che si sarebbe conclusa il 25 aprile 1945, in tutta Italia, con la sconfitta del nazifascismo.

Da Giovanni Falaschi (a cura di), Giaime Pintor e la sua generazione, Roma, Manifestolibri, 2005, pp. 323-324.