Riflessioni sulla fine della crudeltà (#Pinker)

In questa intervista a Babelia, lo psicologo Steven Pinker sostiene che siamo arrivati al grado più basso di violenza della storia umana. Una controprova: lo sviluppo dei movimenti per i diritti degli animali.

«El movimiento a favor de los derechos de los animales es el mejor indicador de lo mucho que se ha avanzado en el camino que lleva hacia una disminución gradual de la violencia en el mundo. Se trata de un indicador importante porque en este caso las víctimas no están en condiciones de defenderse. Velar por los derechos de los animales es cuestión de razón pura, de pura empatía. Es el mejor ejemplo posible de cómo los ángeles que llevamos dentro pueden influir de manera beneficiosa en nuestro comportamiento.»

Altro passaggio interessante: per Pinker la narrativa, la fiction, hanno una funzione sociale: creare e sperimentare modelli di relazioni umane senza doverli per forza concretare:

«No puedo dejar de pensar que la ficción, la narrativa y el arte de contar historias e idear mundos imaginarios son actividades que tienen una función, y se trata de una función cognitiva, destinada fundamentalmente a representar distintas situaciones en el ojo de la mente, explorando lo que puede suceder en mundos posibles, y creo que no es implausible que cualquier agente dotado de inteligencia tenga que manipular, navegar un mundo social muy complejo en lugar de pensarlo todo en tiempo real. Cuando estás en una situación que o bien la has imaginado tú o alguien la ha imaginado para ti, son muchas las maneras posibles de reaccionar. Todos los conflictos de intereses que se dan en el trato humano producen placer al verlos representados en clave de ficción. La narrativa es una manera de explorar el vasto espacio de las relaciones humanas en el recinto seguro de la mente».

Pinker è uno studioso importante e corrobora la sua tesi con dati empirici. Ma questo non toglie che la tesi resti comunque scioccante. Anche a volerla condividere senza obiezioni (il che, per quanto mi riguarda, non è), si potrebbe osservare:

1) Il livello soggettivo di violenza percepita non è diminuito ma è aumentato in proporzione alla crescita oggettiva di quella sensibilità, o “umanità”, cui lo stesso Pinker attribuisce il merito del grado zero della violenza. Ma, a conti fatti, l’impressione della violenza (nell’essere umano che guarda il mondo) resta, perché consideriamo violento ciò che le generazioni precedenti alla nostra non consideravano tale.

2) La violenza, che non passa, ha una nuova qualità connaturata al modo di produzione e alimentazione mondiale. Pinker allude ai diritti degli animali, ed è molto interessante che lo faccia. Ma i diritti dei lavoratori (il sempre più ignorato fattore umano della produzione) non stanno certo facendo progressi da alcuni decenni a questa parte. Tra l’industrializzazione del mattatoio e la disumanizzazione del lavoratore (oggetto inessenziale, traslocabile, licenziabile ecc.) io vedo un nesso, e sta proprio in quella crudeltà antropologica che Pinker considera al suo punto più basso.