Ne capisco poco e più che altro associo impressioni del mondo, ma sto contro il non scritto: dove tutto sbiadisce. Il non scritto odia l’altro da sé. C’è solo il non scritto, che è la vestaglia del mondo. Senile inclina al dimenticare i fatti vecchi e i recenti e, con lo sdraiarsi distratto sul mondo come su un divano che è un ippopotamo invece, il non/scritto sequestra la storia degli uomini che si fa occulta. È il tono dell’amnesia, quando le gesta diventano un coma. L’ambizione ora vegeta. Le fidanzate scolorano; le madri stingono. Il nonscritto, che è esangue, è il contrario del rosso e nei suoi barlumi sviene la vita, manca memoria, difetta l’essere. Non si può dire «io sono», nel bianco. Persino i nomi s’ammosciano. Le tasche si bucano. I biglietti si perdono. Restano pochi biglietti, e il loro inchiostro è divorato dal bianco. Se su quei biglietti abbiamo annotato numeri di amici, concetti, vedute, programmi, ora li perdiamo per sacrificio al nutrimento del bianco, e ci scapitiamo e smarriamo nel coricato sul foglio, come su un trono, colore non scritto.
Oggi il meteo dà una perturbazione di nichilismo sull’intera Penisola da qui al Duemilaventuno; dal Ventidue subentra un anticiclone di qualunquismo. Capita quando le cose vecchie muoiono e le cose nuove abortiscono. Ma è normale che accada nel dominio nonscritto.