Perdonatemi. Io su Gorbačëv non riesco a scrivere nulla di più rispetto a quanto ho scritto nel mio romanzo. Fu l’ultima illusione di un mondo che si avviava a morire. Era l’uomo dell’eutanasia. Io – giovane giovane – politicamente gli volevo bene. Ma ero irrilevante. E queste pagine non riguardano me.
La foto di Gorbačëv, in licenza CC, è tratta da Wikipedia e Flickr.
«Non parlerei di un autobiografismo dell’anteguerra e di uno del dopoguerra, ma di un autobiografismo dell’uomo della società vecchia e di uno dell’uomo della società nuova che si può trovare oggi nelle testimonianze autobiografiche».
«La letteratura del comunismo, che ha puntato tutto sulla carta del romanzo, tra cent’anni ricorderà forse di quest’epoca non romanzi ma soprattutto opere autobiografiche, diari, epistolari».
Italo Calvino, Questioni di realismo, «Tempo presente», a. II., n. 11, novembre 1957, p. 881.
[ È un brano citato da molti. Ad esempio da Paolo Spriano (Le passioni di un decennio: 1946-1956, Garzanti 1986) e da Giovanni De Luna (Le ragioni di un decennio: 1969-1979, Feltrinelli 2009) ].
«L’agonia fu terribile e si svolse sotto gli occhi di tutti. All’ultimo momento mio padre aprì gli occhi e girò lo sguardo su tutti i presenti. Fu uno sguardo spaventoso, quasi folle, pieno del terrore che gli ispiravano la morte e i volti sconosciuti dei medici che gli si affollavano intorno. E in quello stesso momento egli sollevò la mano sinistra (che poteva ancora muovere) per indicare qualcosa in alto o forse per minacciarci tutti. Fu un gesto incomprensibile e terribile che non so capire, ma che non posso dimenticare. Conteneva una minaccia, ma non sappiamo a chi fosse rivolta… L’attimo dopo la sua anima si staccava dal corpo».
Svetlana Alliluieva citata da Dmitrij Antonovič Volkogonov, Trionfo e tragedia: il primo ritratto russo di Stalin, Mondadori, Milano 1991, pp. 612-613:
Erano le 9 e 50 del 5 marzo 1953.
«La bara con la salma di Stalin fu portata nella cripta del mausoleo, nella piazza Rossa, e collocata accanto a quella di Lenin. La notte, il nome del dittatore fu dipinto accanto a quello di Lenin, sul muro esterno del mausoleo. Ma in seguito il suo corpo sarebbe stato espulso dal sacrario e il suo nome cancellato. I posteri, ossessionati dalla personalità di Stalin e perplessi di fronte all’eredità del suo sistema, ma ancora incapaci di padroneggiarlo e di superarlo, per il momento non cercavano altro che di cancellare dalla propria mente il ricordo del dittatore».
Isaac Deutscher, Stalin. Una biografia politica, Longanesi, Milano 1969 (nuova edizione), pp. 876-77.