E’ trascorso qualche mese e inizia l’inverno quando Kauder già convinto di non interessare più a nessuno e potersi ferire nel suo solipsismo riceve una lettera per mano di un viaggiatore di passaggio.
Viene da Georg e le preferirebbe rogne o torture ma deve leggerla e lo fa con nausea:
Ho ritrovato l’eleganza e l’unicità dei palazzi di Torino e Milano insieme alla raffinatezza dei quartieri parigini e berlinesi
«Caro fratello, da alcune settimane sono arrivato a Città del Messico e già posso affermare che nessuna capitale europea è tanto bella. Se vedessi questi luoghi te ne innamoreresti quanto me; c’è in loro qualcosa di esotico e domestico insieme. Ho ritrovato l’eleganza e l’unicità dei palazzi di Torino e Milano insieme alla raffinatezza dei quartieri parigini e berlinesi. Le strade sono rettilinee e ampie, e ciascuna procede o da est verso ovest oppure da nord verso sud. Su ogni lato gradevoli marciapiedi di pietra da costruzione, opera del conte di Revillagigedo, autore di numerosi restauri a México dei quali la cittadinanza gli è ancora grata. Fu lui, ad esempio, a ordinare il rinnovamento della Piazza Grande da cui sono appena tornato ora che mi accingo a scriverti.
Immagina che un tempo questa piazza era gremita di capanne di indigeni e banchi dove la gente comprava frutta e verdure. Non c’è descrizione che possa far rivivere lo sporco e il subbuglio di un luogo che adesso, invece, si mostra perfettamente in ordine. Sulla piazza affacciano la cattedrale, costruita con pietre rettangolari e munita di due belle torri ornate di statue, e il palazzo del viceré. Alcuni anni fa il conte di Revillagigedo ordinò la ricostruzione del lastrico così da ottenere spazio per una delle scale che salgono alla cattedrale: fu in quell’occasione che vennero alla luce due enormi sculture di pietra indigene.
La popolazione ha raggiunto 160 mila anime. I traffici commerciali (di ortaggi, frutta, legname) corrono lungo i due canali di Chalco e Texcoco, acque che scolano nel mezzo delle strade in centro. Un tempo c’erano molti più canali ma sono stati prosciugati. Mi hanno detto che Cortés avrebbe voluto costruire strade più larghe che contenessero ciascuna un naviglio e due file d’alberi. Sarai d’accordo con me che sarebbe stato molto bello ma le acque, senza un’adeguata manutenzione giornaliera, avrebbero finito con l’appestare la città.
Dunque l’antica México era una specie di Venezia; decisero di bonificarla: asciuttarono i condotti, svuotarono i laghi della valle, pavimentarono le strade
Dunque l’antica México era una specie di Venezia; decisero di bonificarla: asciuttarono i condotti, svuotarono i laghi della valle, pavimentarono le strade. Il risultato sta sotto ai miei occhi: una città più pulita di molte nostre europee e assai più sicura di Lima o Bogotá, dove al contrario s’inciampa di continuo nei cadaveri di cani morti. Qui la polizia fa un ottimo lavoro e l’illuminazione notturna è quasi perfetta, assicurata da lampioni a olio argandiani, che come saprai grazie al loro stoppino circolare funzionano benissimo. Tutto ciò però non rimedia alla povertà. Si calcola che s’aggirano per la città almeno quarantamila indios riparati da coperte di lana o stracci, abituati fino dai tempi di Moctezuma a non possedere che pidocchi, eredi di una civiltà decaduta cui la fertilità della valle non benefica nulla, non il grano o il mais, niente delle viti, dei meli, di peri e albicocchi, dei fichi, degli agrumi e persino dei cotogni che crescono nonostante il clima secco d’alta quota. È una terra rigogliosa: i giardini di San Augustín de las Cuevas, i possedimenti del vescovo di Tacubaya (dove la coltivazione di olive frutta olio di eccezionale qualità), i pianori del convento dei carmelitani a San Angel o quelli di Fagoagas a Tlalnepantla offrono da luglio ad agosto un’infinità di beni. Ma gli indios muoiono di fame».
Da Città distrutte, pp. 223-225.
* Per la lettera di Georg ho tradotto e in parte rielaborato il diario che tenne Alexander von Humboldt durante il viaggio da Guayaquil a Città del Messico tra l’inverno e la primavera del 1803, in Alexander von Humboldt, Seereise auf dem Rio Magdalena, durch die Anden und Mexico, Teil II, Akademie Verlag, Berlin 1990, pp. 203-225. La mappa del viaggio americano di Humboldt è tratta da www.avhumboldt.de.