Massimo Onofri su Stati di grazia

Su Avvenire del 13 giugno 2014, Massimo Onofri recensisce Stati di grazia.
Avvenire

«Quello di Davide Orecchio, con Città distrutte. Sei biografie infedeli (Gaffi 2012), fu uno degli esordi più belli e sorprendenti degli ultimi anni. (…) Potete capire, allora, con quale curiosità aspettavo il secondo libro, questo Stati di grazia. Ecco: che soluzioni avrebbe escogitato Orecchio per dare nuova forma al suo singolare, spurio, modo di raccontare? Che cosa ci avrebbe riservato la sua furiosa immaginazione epistemologica?»

«Orecchio è la dimostrazione che la nostra narrativa più carica di futuro non vive della invecchiatissima dialettica, tutta linguistica, tra infrazione e tradizione, ma è decisamente emigrata su un campo che è, soprattutto, gnoseologico. In altre parole: non è la sperimentazione linguistica che si porta dietro una nuova concezione del mondo, ma un problema rigorosamente conoscitivo che, coerentemente, si appronta la lingua solum sua per esprimersi e risolversi. Come questa di Orecchio, appunto: che è polifonica, piena di escursioni lessicali verso il basso degli idiotismi (ma anche l’alto d’una curiosa prosopopea), con quella sintassi da fabbro che forgia il suo nuovo, avida di misurarsi con tutte le sue possibilità, dalla prima persona del diario alla terza dell’avventuroso incognito, non senza la scrittura testimoniale, quella di chi chiama a giudizio»

(…)

« Orecchio, opportunamente, allega al romanzo un’appendice di Materiali: dove troveremo l’immancabile bibliografia, fotografie e un utile glossario. Ma, soprattutto, un utile dizionarietto dei personaggi che consentirà al lettore di tenere in mano il filo logico-cronologico delle vicende. Troppo distratto e stupefatto, il lettore – anche un po’ stordito – dal clangore di officina, col suo suono e la sua luce di metalli fusi e riplasmati, di fucine, che fa di questo romanzo un unicum nel nostro panorama.»

QUI LA RECENSIONE (SPOILER NELLA TERZA COLONNA DX).