Per Alessandro Leogrande

Il 29 novembre 2020, su Collettiva.it, ho intervistato Angelo Ferracuti per ricordare assieme Alessandro Leogrande, che ci manca ormai da tre anni. Nel sito si possono leggere molti altri materiali di e su Alessandro Leogrande, utili a farsi un’idea della vastità di orizzonti di questo scrittore, della sua importanza e del vuoto che ha lasciato. Tra le riflessioni di Ferracuti, che con Leogrande condivise molte iniziative e soprattutto un’idea di letteratura, segnalo qui due estratti (il resto al link):

Era «un ragazzo di una onestà intellettuale assoluta, di una generosità disarmante», uno «scrittore rigoroso, colto, informatissimo, eppure così assolutamente privo di narcisismo».

«Alessandro è stato un intellettuale di conio novecentesco, con uno sguardo internazionale, che credeva ancora al bene comune e a un lavoro di cittadinanza attiva, cercava un rapporto con la politica e la società, con il sindacato e i movimenti, nonostante tutto, e indagava i grandi temi mescolando narrativa tout court, saggistica, storia, meccanica sociale. Non sembrava un prodotto della sua generazione, forse per questo lo sentivo molto vicino, come un fratello minore però più bravo. Ma è stato tutto questo in un’epoca cinica dove quelli profondi e portatori di un pensiero politico forte come il suo, seppur operosi, vivevano e continuano a vivere isolati».

Foto di Marco Merlini

Un paese meraviglioso

Sabato scorso sono partito per Lecce, in automobile dal Lazio. Andavo a ritirare il premio della rivista “Gli asini”. Sono andato ad ascoltare Goffredo Fofi e, tra gli altri, gli storici Bruno Maida e Enzo Traverso, e a spiegare qualcosa di quello che scrivo. Nelle terre di Alessandro Leogrande, tra i suoi amici della rivista, che lo hanno spesso citato, evocato, commuovendosi, per tenerlo ancora presente nello spirito del lavoro, della ricerca, del cammino di un gruppo e di una comunità di persone.

Per arrivare a Lecce ho fatto le autostrade, le superstrade, le strade tra i monti e le litoranee. Nel giorno dell'”esodo”. Poi sono tornato. Un 900 chilometri. Non guidavo così a lungo da anni. Su quelle strade, negli stessi giorni, sono morti prima quattro braccianti del caporalato italiano, poi altri dodici migranti, braccianti del caporalato italiano; stivati nel camion come mezzi di produzione, forza lavoro disumanizzata. Un tir contro un furgone, e la morte. Ennesime vittime di uno sfruttamento che Leogrande ha denunciato in tanti suoi articoli e libri, a cominciare da Uomini e caporali.

Qualche centinaio di chilometri più sopra, l’apocalisse di Bologna: ho letto la notizia mentre mangiavo un panino in un bar, sull’autostrada dell’Irpinia.

Uscendo dal bar ho visto uno slogan e l’ho fotografato: “Sei in un paese meraviglioso”.

Poi, con molti dubbi e più certezze ancora, sono ripartito.

 

Il Premio degli Asini
«Il premio è nato nel 1992 su ideazione di Goffredo Fofi e ha attraversato nel tempo l’esistenza di quattro riviste: “Linea d’ombra”, “La terra vista dalla luna”, “Lo Straniero” e infine “Gli asini”. Il premio originariamente aveva il nome “Scommesse sul futuro” e veniva assegnato a nuove realtà e a giovani artisti, ma in seguito si è trasformato in un riconoscimento volto a tracciare una mappatura di giovani talenti e dei grandi vecchi nel tentativo di stabilire un’area di resistenti a una visione omologante della cultura. A questo proposito viene nominata annualmente una giuria che si occupa di indicare personalità, figure, artisti, associazioni ed enti che si sono distinte nel loro campo per quello che la rivista stessa definisce una particolare “filosofia asinina”, ossia una particolare testardaggine nello sviluppo dei progetti nei rispettivi campi di appartenenza».

1944, viaggio in Sicilia

Pagina99 in edicola questa settimana (2 gennaio 2016) pubblica un mio racconto. È un viaggio in Sicilia, nel 1944. Tra gli americani, i separatisti, i latifondisti, i morti di fame e la mafia: il viaggiatore era mio padre. Non aveva ancora trent’anni. Tornava nella sua isola per raccontarla e lo fece in un libro che è Febbre in Sicilia (1945). Sono tornato in Sicilia anche io con questo racconto del racconto di un viaggio. La storia s’intitola “Il mondo è un’arancia coi vermi dentro”. Se ci leggerete: buona lettura.

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[ In questo momento sono a Palermo. Dalla finestra vedo un vicolo:

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Ora uscirò a cercare il giornale, per vedere com’è venuto sulla carta il racconto. ]

Come spiego nel pezzo – uscito nella sezione Fuoribordo curata da Alessandro Leogrande, che ringrazio per avermi invitato e ospitato in queste pagine – non è questione di ricordare il caro estinto ma proprio di conoscerlo. Far nascere un rapporto gnoseologico con l’uomo scomparso e il suo tempo. Anche attraverso quello che di scritto ha lasciato. Studiare il padre: ecco la risposta alla questione del padre. Andare a conoscere l’uomo lontano. E poi riscriverlo, inventarlo un poco ancora.

Alfredo Orecchio, "Febbre in Sicilia", Roma 1945.
Alfredo Orecchio, “Febbre in Sicilia”, Roma 1945.

E’ un processo. L’ho iniziato con un ritratto di Pietro Migliorisi (alter ego del mio anzianissimo padre – ci separavano 54 anni) in Città distrutte. In quel libro scrivevo:

Quando racconterò Pietro Migliorisi? Me lo domando da molto mentre accumulo materiali, fonti edite e inedite, primarie, secondarie e annuso l’epoca come se un archivio ne custodisse gli aromi. Il passato è solo carta? Oggetti impolverati? Bombe inesplose? Camposanti? L’ho osato chiedere a Guillermo Viera durante un seminario tenuto a Roma dall’insigne storico argentino la cui risposta avrei dovuto già conoscere e per questo segue nell’inciso – la tomba di un mondo che ospita uomini e donne, una comunità: cerca i loro risvegli, le domeniche al parco, i sopori –. Ma le questioni non sono finite e allora: è possibile che siano tutti spariti? E tra loro – una nebbia, un sottomarino incagliato – come faccio ad acciuffare Migliorisi? Come sentire cos’erano le sue spalle da giovane, se aveva i capelli soffici e quanto fossero neri, e sapere se piaceva alle donne, se il padre l’amò, se la madre l’amò?

Poi chiedevo pazienza, tempo (a me stesso): prima o poi, promettevo, racconterò appieno questa storia, ma ora bisognava accontentarsi di frammenti, di episodi appunto.

Processo Montesi

E’ un processo. Per cui mi rimetto al lavoro. Credo non sia possibile rinviarlo oltre, per me. E’ uno studio/scrittura che non potevo affrontare da giovane, che non potrei affrontare da vecchio. Il tempo giusto è ora. Verrà un’immersione in carte di archivio, libri, manoscritti. La mia idea è, attraverso la riscrittura e invenzione della vita di Migliorisi, di andare a conoscere e riscrivere un secolo che si allontana da noi.

Perché la storia dobbiamo sempre riscriverla, sennò la dimentichiamo.

febbre in sicilia

Tavola e illustrazioni sono di Koen Ivens.

Rodolfo Walsh – Operazione massacro

La Nuova Frontiera pubblica Operazione Massacro di Rodolfo Walsh. È un libro (1957) che ha fatto storia. Spiega la casa editrice: “A metà strada tra il romanzo e la cronaca (…) il libro racconta l’uccisione di un gruppo di civili innocenti perpetrata dalla prima giunta militare golpista (argentina, ndr), un efferato episodio di violenza che sarebbe passato sotto silenzio se Walsh non vi si fosse imbattuto casualmente. Rodolfo Walsh segue la pista come un segugio, indaga, ricostruisce dettagliatamente i fatti, scopre la cospirazione e scrive un libro di denuncia che, pur restando un’insuperata lezione di giornalismo d’inchiesta, si legge come un romanzo”. Continua a leggere “Rodolfo Walsh – Operazione massacro”