Per Alessandro Leogrande

Il 29 novembre 2020, su Collettiva.it, ho intervistato Angelo Ferracuti per ricordare assieme Alessandro Leogrande, che ci manca ormai da tre anni. Nel sito si possono leggere molti altri materiali di e su Alessandro Leogrande, utili a farsi un’idea della vastità di orizzonti di questo scrittore, della sua importanza e del vuoto che ha lasciato. Tra le riflessioni di Ferracuti, che con Leogrande condivise molte iniziative e soprattutto un’idea di letteratura, segnalo qui due estratti (il resto al link):

Era «un ragazzo di una onestà intellettuale assoluta, di una generosità disarmante», uno «scrittore rigoroso, colto, informatissimo, eppure così assolutamente privo di narcisismo».

«Alessandro è stato un intellettuale di conio novecentesco, con uno sguardo internazionale, che credeva ancora al bene comune e a un lavoro di cittadinanza attiva, cercava un rapporto con la politica e la società, con il sindacato e i movimenti, nonostante tutto, e indagava i grandi temi mescolando narrativa tout court, saggistica, storia, meccanica sociale. Non sembrava un prodotto della sua generazione, forse per questo lo sentivo molto vicino, come un fratello minore però più bravo. Ma è stato tutto questo in un’epoca cinica dove quelli profondi e portatori di un pensiero politico forte come il suo, seppur operosi, vivevano e continuano a vivere isolati».

Foto di Marco Merlini

Romanzo e storia in Italia: su «Lo Straniero» la parola agli scrittori

Lo Straniero
La copertina nel numero 168

Sul numero di giugno 2014 de «Lo Straniero» (168) si parla di romanzo e storia recente («I nostri ieri»). La rivista diretta da Goffredo Fofi ha inviato a un drappello di scrittori la seguente «sollecitazione»:

«Cari amici, ci colpisce molto che la migliore letteratura italiana recente – anzitutto quella di questi mesi – senta il bisogno di tornare alla storia del nostro paese, come sfondo o come oggetto di evocazioni solide, socialmente ed eticamente determinate, e ben documentate. È una letteratura che si interroga sul “da dove veniamo” per capire “chi siamo”, attraverso vicende in cui privato e pubblico si intrecciano in modi diversi a seconda delle scelte di ciascun autore, ma pur sempre su uno sfondo di dilemmi che sono importanti per tutti, su eventi e contraddizioni che hanno finito per condizionare il nostro presente.

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Angelo Ferracuti, Alias/il Manifesto, su Stati di grazia

Su Alias del 27 aprile Angelo Ferracuti dedica a Stati di grazia un articolo bello e (per me molto) importante:

alias

«… Quello che col­pi­sce in que­sto libro, oltre al com­plesso mon­tag­gio dei materiali nar­ra­tivi, la cui appen­dice rende merito di una biblio­gra­fia pre­sunta, riguarda i molti regi­stri e varia­zioni tim­bri­che, una visione corale polifonica.

La lin­gua è molto ela­bo­rata, frutto di un lavoro, di una ricerca let­te­ra­ria assai rari negli scrit­tori della gene­ra­zione di Orec­chio: sem­pre densa, ricca, piena di sim­boli, ma anche corporale, sen­so­riale, fatta di odori e sapori…»

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«Se Berlusconi scrivesse poesie» (Luigi Di Ruscio, 2007)

Credo che fosse il 2007. Luigi Di Ruscio venne a Roma per presentare il suo volume di Poesie operaie (Ediesse). Un giorno di primavera alla Casa delle Letterature. L’accompagnava il suo Angelo “custode” Ferracuti. Intervistai Di Ruscio per il video qui sotto, realizzato da Carlo Ruggiero. Fu amore a prima vista per l’uomo, la sua ironia, la sua lingua. A un certo punto ci disse, suppergiù:

“Mi sono posto il compito di essere poeta e basta, non poeta operaio. Ma certo la vita che ho fatto mi ha modificato. Non potrei scrivere poesie come un direttore di banca. Oppure, che so, se Berlusconi scrivesse poesie, non so che poesie potrebbe scrivere…”

E, su quest’immagine appena creata da Di Ruscio, scoppiammo tutti a ridere: Berlusconi che scrive poesie… Chissà cosa scriverebbe. Magari le scrive.

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