Ieri (8 dicembre 2017) alla presentazione di Mio padre la rivoluzione a Più libri più liberi (che mi pare sia stata ok) con l’Amazing, splendido scrittore e relatore Giordano Meacci, non ho avuto la prontezza di spirito di alzarmi e fotografare chi era venuto a sentirci, nella sala piena, io chiedendo il permesso, così da immortalare e ringraziare tutti, da A. agli amici, dai compagni di minimum fax, che hanno fatto questo libro con me, alle compagne e ai compagni di strada, infine agli aristocratici: lettrici e lettori. Il fatto è che ero teso per le parole da pronunciare, quelle che avrei detto di lì a poco, perché bisogna dire le parole esatte, oltre che scriverle. Il nome della sala era Sirio, le pareti tutte gialle senape. Non so se questo abbia un significato. Ho immaginato che un bolscevico potesse unirsi a noi per testimoniare sulla rivoluzione dietro a schermi anonimizzanti che riparassero la sua identità, in posa da aula bunker, e col microfono filtro a falsificargli la voce.
QUI LA REGISTRAZIONE VIDEO DI RADIO RADICALE
Credo sia venuto il momento di ringraziare pure quanti hanno letto, recensito, commentato «Mio padre la rivoluzione»; chi l’ha apprezzato e chi, pur non apprezzandolo, vi ha dedicato il suo tempo.
Questa mattina ho trovato poi il giudizio commovente di Andrea Cortellessa su «Tuttolibri», ma su questo tornerò in un altro post.
Sempre oggi «Alfabeta2» pubblica una splendida recensione di Filippo Polenchi.
Qualche estratto:
Palpitazioni del pensiero: è da questa insolita polla sorgiva che si origina il sisma emotivo dei racconti di Davide Orecchio, che raggiunge vette di altissimo melodramma, attraversando le linee astratte della storia.
Tutte le lettere al padre, tutte le lasse narrative di questo poema in prosa, testimoniano anzitutto una visione della Storia che è Fisica. Giacché, dunque, il grappolo di racconti costruiti intorno alle ipotesi borgesiane («le ceneri di Trockij erano in questa terra, il suo sepolcro teneva sveglio il what if») – si veda anche quello su Bob Dylan, lo «Zimmer Man», che scrive un album mai scritto – sono frutto di una mente che considera la Storia come un nugolo di «quanti», più che di una successione di «immagini-movimento.
E adesso, come diceva il mostruoso Stalin a un suo qualche nemico, proseguo nella vita che mi guarda coi suoi occhi «così sfuggenti», che si «agita tanto ed evita di guardarmi direttamente negli occhi».