Andrea Cortellessa (Tuttolibri) su Mio padre la rivoluzione

Tuttolibri/La Stampa del 9 dicembre 2017 ha pubblicato una recensione di Andrea Cortellessa a Mio padre la rivoluzione.

[Una versione più lunga dell’articolo è uscita su Le parole e le cose il 19 gennaio 2018].

A impressionarmi non è solo l’apprezzamento critico, il cui valore lascio immaginare a chi legge questo post, ma anche la capacità di comprendere, del testo, le forze dalle quali è scaturito, ossia la mia, oserei dire le nostre vite in questo tempo storico.

«I percorsi alternativi della storia, questi futuri mai passati (è di Orecchio un conio irresistibile, “disavvenire”) sono (…) in chi è “prigioniero del tempo presente”, il segno, o il sogno, di una storia che davvero poteva essere diversa (come dice lo splendido racconto su Abraham Plotkin, o quello commovente su Rosa Luxemburg). C’è una volontà di sapere ostinata e struggente in chi, da “ritardatario in anticipo”, riconosce la propria “estraneità” alla storia del secolo più sanguinario e fiero e terribile della storia ma sa di essere, pure, in tutti i sensi suo “figlio”. È una fedeltà, accorata quanto severa, a quella storia che parrebbe sovvertita: città distrutta ma anche ricostruita, una magnifica pagina dopo l’altra. Con pietà pari alla spietatezza, con speranza figlia della disperazione».

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Tutte le lettere al padre

Ieri (8 dicembre 2017) alla presentazione di Mio padre la rivoluzione a Più libri più liberi (che mi pare sia stata ok) con l’Amazing, splendido scrittore e relatore Giordano Meacci, non ho avuto la prontezza di spirito di alzarmi e fotografare chi era venuto a sentirci, nella sala piena, io chiedendo il permesso, così da immortalare e ringraziare tutti, da A. agli amici, dai compagni di minimum fax, che hanno fatto questo libro con me, alle compagne e ai compagni di strada, infine agli aristocratici: lettrici e lettori. Il fatto è che ero teso per le parole da pronunciare, quelle che avrei detto di lì a poco, perché bisogna dire le parole esatte, oltre che scriverle. Il nome della sala era Sirio, le pareti tutte gialle senape. Non so se questo abbia un significato. Ho immaginato che un bolscevico potesse unirsi a noi per testimoniare sulla rivoluzione dietro a schermi anonimizzanti che riparassero la sua identità, in posa da aula bunker, e col microfono filtro a falsificargli la voce.

QUI LA REGISTRAZIONE VIDEO DI RADIO RADICALE

Credo sia venuto il momento di ringraziare pure quanti hanno letto, recensito, commentato «Mio padre la rivoluzione»; chi l’ha apprezzato e chi, pur non apprezzandolo, vi ha dedicato il suo tempo.

Questa mattina ho trovato poi il giudizio commovente di Andrea Cortellessa su «Tuttolibri», ma su questo tornerò in un altro post.

Sempre oggi «Alfabeta2» pubblica una splendida recensione di Filippo Polenchi.

Qualche estratto:

Palpitazioni del pensiero: è da questa insolita polla sorgiva che si origina il sisma emotivo dei racconti di Davide Orecchio, che raggiunge vette di altissimo melodramma, attraversando le linee astratte della storia.

Tutte le lettere al padre, tutte le lasse narrative di questo poema in prosa, testimoniano anzitutto una visione della Storia che è Fisica. Giacché, dunque, il grappolo di racconti costruiti intorno alle ipotesi borgesiane («le ceneri di Trockij erano in questa terra, il suo sepolcro teneva sveglio il what if») – si veda anche quello su Bob Dylan, lo «Zimmer Man», che scrive un album mai scritto – sono frutto di una mente che considera la Storia come un nugolo di «quanti», più che di una successione di «immagini-movimento.

E adesso, come diceva il mostruoso Stalin a un suo qualche nemico, proseguo nella vita che mi guarda coi suoi occhi «così sfuggenti», che si «agita tanto ed evita di guardarmi direttamente negli occhi».

Un ragionamento di Andrea Cortellessa su «Stati di grazia»

La storia da districare è il titolo di una nota di lettura che Andrea Cortellessa dedica a Stati di grazia sul sito Galatea European Magazine (www.galatea.ch)

«… Orecchio prosegue la propria ricerca, innalzandone impavido il grado di virtuosismo e, insieme, l’ambizione etica. Anche qui brilla la sua lingua – sensualmente aderente alle più minute vibrazioni corporee e affettive – e anche qui i singoli capitoli (cui si aggiunge un’appendice pseudo-erudita che orienta altresì il lettore, però, nella altrimenti labirintica struttura della narrazione) potrebbero leggersi come racconti a sé stanti, se invece una serie di snodi ed echi a distanza, di talora persino ‘romanzesca’ capziosità, non legassero i destini dei tantissimi personaggi: in quello che, appunto, altro non è che un romanzo».

Dello stesso autore segnalo una “Stazione di posta” sul sito Premio Gorky, dedicata a Nanni Balestrini, Francesco Pecoraro e a Città distrutte:

«E, come in tanta altra non-fiction contemporanea, campo d’azione privilegiato di Orecchio – storico per formazione accademica ma, direi, soprattutto per “missione”: vocazione affettiva e tensione morale – è la storia del Novecento. Una storia “calda” di passioni viscerali: una storia “passata contropelo”, per dirla con Walter Benjamin, col soffermarsi di preferenza su figure di sconfitti, di preteriti, di sommersi. Una storia – lo accennavo all’inizio – che non è ancora, propriamente, del tutto storia: perché mantiene con chi scrive – e con noi che leggiamo – legami emotivamente troppo forti perché le si possa applicare il distacco che agli storici perterrebbe».

Una nota di Andrea Cortellessa su Città distrutte

Andrea Cortellessa pubblica una nota critica su Città distrutte, sul numero di gennaio-marzo 2014 del trimestrale svizzero Galatea. European magazine.

«Non necessariamente la non-fiction riduce lo spazio dell’invenzione sino a schiacciarlo. Il più sorprendente caso letterario del 2012 è il libro d’esordio di Davide Orecchio (Città distrutte. Sei biografie infedeli, Gaffi, pp. 239, € 15,50): cui il tam-tam ha procurato lettori entusiasti e premi importanti, sino a venire persino ristampato (caso più unico che raro, nel campo dell’odierna ricerca letteraria).»

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