Racconti post-reali

Su Internazionale Extra-Playlist Frederika Randall e Goffredo Fofi segnalano MPLR tra i migliori libri del 2017.

«… storie attendibili della rivoluzione e delle sue contraddizioni, acutamente giudicate e soprattutto magnificamente narrate in Mio padre la rivoluzione».

Su Blow up di dicembre, nella rubrica I libri del mese, Fabio Donalisio dedica una bella recensione a Mio padre la rivoluzione.

«Tutto qui è splendidamente tecnico: il gioco delle parti tra personaggi “reali”, storici e volti disegnati ad arte; il falso, il plagio, la mimesi del dato e del documento, appunto; la concorrenza del verosimile al vero».

Frederika Randall (Internazionale) su Mio padre la rivoluzione


Internazionale pubblica una bella recensione di Frederika Randall
a Mio padre a rivoluzione:

«Al suo terzo libro di “storia infedele” Davide Orecchio sorprende ancora con la sua inventiva stilistica e le sue preoccupazioni politiche e morali non futili. Cosa può significare la rivoluzione bolscevica per lui, figlio di un giornalista comunista, dopo lo stalinismo?

Il suo ritratto del mito sovietico, anche se basato su un’ampia ricerca bibliografica, è un insieme di cose realmente accadute e invenzioni poetiche, un interrogatorio immaginario ai partecipanti per capire se le cose sarebbero potute andare in un altro modo.

[…]

Se un narratore potesse essere la storia stessa, non fredda e distante ma calda e presente, a volte fantasiosa, sarebbe la voce narrante di questa riflessione originale sulla rivoluzione del 1917, eredità importante e disgrazia fatale».

Frederika Randall, su Internazionale, recensisce Stati di grazia

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«Davide Orecchio si rivela tra gli scrittori italiani più originali. (…) Una storia che chi legge deve comporre usando granelli di memoria e testimonianze sparsi nel romanzo.»

(Internazionale, 1043 – 21/27 marzo 2014, p.80).

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Su «Internazionale»

Il più bel magazine che si stampi in Italia ospita una recensione di Città distrutte. La scrive Frederika Randall, corrispondente a Roma per The Nation. Inizia così:

L’esordio di Davide Orecchio ricorda il grande W.G. Sebald nei suoi Gli anelli di Saturno e Gli emigrati. Composto da sei vite parallele in tempi e luoghi diversi, Città distrutte punta sul lato malinconico della storia: la giovane donna vittima della tortura sotto i colonnelli di Buenos Aires che offre la libertà a un’altra; il contadino molisano militante che si isola dal mondo quando muore la moglie; il regista sovietico alla Tarkovskij esiliato nell’ovest; il giornalista messinese prima fascista, poi gappista, poi amante della poesia; la giovane poeta di vita breve che si definisce “una città distrutta”; una versione di Wilhelm von Humboldt diplomatico prussiano a Roma nel primo ottocento. Coraggio, ambizione, solitudine, figli amati e persi, matrimoni spezzati. Sotto queste vite – dure, intense e a volte un po’ misteriose – la Storia fa i suoi movimenti tellurici. La dittatura argentina, il movimento operaio, lo stalinismo, il socialismo e il comunismo in Italia negli anni del fascismo e durante la guerra fredda, il fascismo stesso, le guerre napoleoniche. Basandosi in parte su documenti storici, l’autore, lui stesso uno storico, approfitta della precisione e della concretezza del suo mestiere per inventare storie necessarie e commoventi.

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