Un dialogo con David Peace

Il privilegio di un dialogo con David Peace, meraviglioso scrittore: a lui ho rivolto questioni che riguardano soprattutto la trilogia di Tokyo, che con Tokyo riconquistata si conclude.

L’autore britannico completa un impressionante progetto letterario che ridefinisce i limiti del romanzo storico e del romanzo criminale. Abbiamo discusso del suo stile, dell’«infezione civile» che la storia porta con sé nel presente, quando il passato resta irrisolto, privo di giustizia.

Tra i temi convocati da Peace o emersi nella conversazione: la ricerca della verità, i modelli letterari, la strategia della tensione, l’importanza di Leonardo Sciascia, il rapporto con le fonti, la profonda intenzione morale della sua narrativa.

Ringrazio il sito di Internazionale per avere ospitato questo dialogo.

1949. La salma di Sadanori Shimoyama, dirigente delle ferrovie giapponesi, portata via dai binari. Al mistero della sua morte, che sconvolse il Giappone ancora occupato, è dedicato «Tokyo riconquistata» di David Peace. (Per gentile concessione dell’editore)

«Dal 2011 ho cominciato a insegnare all’università di Tokyo. Uno dei miei primi corsi s’intitolava ‘Scrivere storia’ e comprendeva Sebald, tra gli altri. Quindi per molti anni mi sono occupato di come scriviamo la storia. Credo di avere raggiunto questo livello di riflessione abbastanza naturalmente dopo avere scritto i libri del ciclo Red riding e soprattutto GB84, che racconta in modo dettagliato un evento storico, lo sciopero dei minatori britannici del 1984-85, che riguardò centinaia di migliaia di persone. La domanda che mi pongo continuamente è: come possiamo raccontare nel modo migliore queste storie del nostro passato recente? La fiction è la forma più adatta e corretta? E se è così, allora quali sono le strutture che più di altre mettono in discussione la “verità ufficiale” e riescono a illuminare “l’altra verità”?».

P.S. ottobre 2021. La conversazione è stata anche pubblicata integralmente qui: Siamo tutti cannibali. Conversazione con David PeaceL’Indice dei libri del Mese, ottobre 2021.

Racconti post-reali

Su Internazionale Extra-Playlist Frederika Randall e Goffredo Fofi segnalano MPLR tra i migliori libri del 2017.

«… storie attendibili della rivoluzione e delle sue contraddizioni, acutamente giudicate e soprattutto magnificamente narrate in Mio padre la rivoluzione».

Su Blow up di dicembre, nella rubrica I libri del mese, Fabio Donalisio dedica una bella recensione a Mio padre la rivoluzione.

«Tutto qui è splendidamente tecnico: il gioco delle parti tra personaggi “reali”, storici e volti disegnati ad arte; il falso, il plagio, la mimesi del dato e del documento, appunto; la concorrenza del verosimile al vero».

Le montagne russe

E’ stata la settimana dell’ottovolante per Mio padre la rivoluzione e il mio lavoro. La prima giostra del Luna Park si chiama Tre racconti, un sito dedicato a storie brevi e voci nuove dove Simone Giulitti ha recensito MPLR con queste parole:

«La commistione tra storia e letteratura è (...) la cifra stilistica che contraddistingue Davide Orecchio. Una volta aperto il libro non ci troviamo davanti a “semplici” storie di fantasia, non solo, ma prendendo le mosse da personaggi storici realmente esistiti e fatti realmente avvenuti Orecchio inizia il suo percorso, che lo porta a esplorare con l’occhio del narratore gli avvenimenti della storia contemporanea recente».

IL SEGUITO QUI

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Il secondo gioco l’ho scoperto su Le parole e le cose, dove ho appreso di una «giornata di studi Racconti di una vita. La narrazione biografica breve nella tradizione contemporanea». Si è tenuta il 30 ottobre «all’interno del Seminario sul racconto organizzato da Nunzia Palmieri, Giacomo Raccis e Damiano Sinfonico all’Università di Bergamo. Questa iniziativa arriva al suo terzo appuntamento dopo le giornate del 2015 (Racconto italiano contemporaneo: percorsi, forme e letture) e del 2016 (Genealogie del racconto contemporaneo). Proseguendo nel tentativo di mappare il racconto in quanto genere e specifico “modo” della narrazione, questa giornata proverà ad affrontare la narrazione breve a partire da uno spunto tematico: il racconto biografico».

I lavori si sono svolti su questi temi e con questi relatori:

Non mi dispiacerebbe sapere cos’hanno detto 🙂

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Poi sono entrato nel tunnel della morte con Vittorio Giacopini che, sul Venerdì di Repubblica, a proposito di MPLR argomenta: «Orecchio non riesce a sottrarsi alla voga di glamourizzare il passato, depotenziandolo (…) scrive bene, anzi troppo bene, ma come la moglie di Lot quando si volge di spalle resta di sale».

 

Gulp 😦

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Ma il biglietto mi dava diritto a due giri ancora.

Il primo l’ho fatto su LuciaLibri, dove Giulio Passerini consiglia i suoi sette libri per l’autunno, e tra questi c’è pure MPLR:

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Infine sono uscito a riveder le stelle sulla ruota panoramica di Internazionale che, dopo le lusinghiere recensioni di Frederika Randall e Goffredo Fofi, ha citato una terza volta MPLR inserendolo tra i consigli della redazione.

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Poi le giostre si sono fermate, le luci si sono spente, sono tornato a casa, ho mangiato un piatto di pasta al pomodoro con la mia compagna, ho visto un vecchio film con Bill Murray e ho proseguito la lettura di Margaret Atwood (The Handmaid’s Tale).

the end ...............................................................................

Goffredo Fofi su Mio padre la rivoluzione

Internazionale (27 ottobre 2017) pubblica una splendida recensione di Goffredo Fofi a Mio padre la rivoluzione. La riporto qui di seguito:

«A cent’anni dalla rivoluzione d’ottobre, ecco un libro che scava nella sua storia, nella sua necessità e nelle sue aberrazioni. Orecchio (autore di Città distrutte e Stati di grazia) applica il suo talento e la sua ostinazione di letterato esigente a una storia che oggi ci sembra lontanissima, dopo la nuova mutazione del mondo, ma che ha tragicamente segnato il novecento.

La racconta in dodici capitoli autonomi, attraverso le sue figure centrali, Lenin, Trockij, Stalin, i loro oppositori, le loro ascese e cadute, le loro vittime. La rivoluzione ha divorato se stessa e nonostante le conquiste materiali non ha lasciato un mondo migliore, ma Orecchio immagina che le cose siano andate diversamente. È un nipotino di Borges, che ricostruisce il vero e il veritiero e intreccia mirabilmente (straordinario per perizia il racconto in cui Hitler e Stalin sono uno e due, personaggio bifronte). E arriva al giudizio meglio di uno storico, accorto e accorato, affascinato e disgustato dal gioco del potere, dalla storia. È Rosa Luxemburg a tirare le fila come se la rivoluzione avesse vinto e il sogno dell’uomo nuovo, del mondo nuovo si fosse realizzato.

C’è molto da riflettere da questo eccellente risultato, un “romanzo storico” che colloca Orecchio tra i pochi grandi scrittori di oggi, quelli che oltre a saper scrivere (a fare letteratura) sanno anche studiare, ragionare, capire, confrontarsi, inventare».

(foto di minimum fax, Rossella Innocentini)