Grande guerra, musei e archivi digitali

Ho pubblicato su Nazione Indiana una Piccola guida non esauriente alle mostre e iniziative di commemorazione della Prima guerra mondiale. Tra esperienza e ricostruzione, finzione e didattica. L’illusione di rivivere. L’ossessione del ricordareUno storify dove ho aggiornato e rivisitato un articolo uscito su Pagina99 a fine agosto 2014. Le mostre in corso sul Centenario della WWI. Londra, Berlino, Francia, Belgio… Gli allestimenti nei musei italiani, le iniziative programmate (da qui al 2018) dal governo italiano. I link utili. Tutto, o molto, ruota attorno a esperienze sensoriali/digitali e memoria. Rivivere “fittiziamente” (ossia grazie a installazioni e multimedia) il passato per farsene un’idea: funzionerà? Un altro aspetto riguarda la proliferazione di siti, portali, archivi online di memorie e reperti. Persone molto più edotte di me mi spiegano che ricerca e riflessione sulla conservazione digitale, i suoi metodi, l’“aspettativa di vita” dei supporti e via dicendo sono avanzate e consapevoli. Però mi colpisce, in questa digitalizzazione della memoria (peraltro affascinante, e “democraticamente” a disposizione dei navigatori), uno slittamento di postura: siamo quasi del tutto nella sincronia, in un presente illusoriamente durevole; mentre mi sembra che stiamo perdendo la funzione diacronica della trasmissione, ci interroghiamo poco (o meno) su quanto resterà di questa mole di reperti intangibili. Forse mi sbaglio, ma a me vengono in mente i banchi di memoria ne “La città e le stelle” di Arthur C.Clarke: lì, nei computer, era archiviata la storia plurisecolare della città; ma l’umanità era del tutto smemorata e congetturava falsi miti sul passato. Nei memory banks risiedeva una memoria non consultabile, occulta, inutile. Non vorrei che in futuro tutto questo fosse destinato all’avaria.

Scrittori in tempi di guerra: Stefan Żeromski

Addestramento con pupazzi tedeschi. Da Internet Archive Book Images, www.flickr.com/photos/internetarchivebookimages
Addestramento con pupazzi tedeschi. Da Internet Archive Book Images, http://www.flickr.com/photos/internetarchivebookimages

«La guerra divenne l’elemento vitale del tenente Leszek Snica. Confessava a se stesso e agli amici che la guerra, da quando l’aveva conosciuta, era diventata nel suo intelletto quasi una prosecuzione, un ampliamento dell’attività artistica, un fiore che affondava le sue radici nella vita dell’uomo forte, dell’uomo creatore. Finalmente era caduto dalle sue possenti braccia creatrici tutto ciò che era meschino lavoro, preoccupazione di procurarsi cibi, bevande, indumenti, di sostenere famiglia. Era caduto come un inutile straccio. Tutto gli veniva consegnato in forma matematicamente perfetta, esatta, affascinante, ad una semplice richiesta: armi, indumenti, cibi, bevande, mantenimento della moglie e del figlio erano procurati con una puntualità al secondo da quella immane, complessa ed oltremodo possente macchina, che tutto pensava e tutto faceva ad un tempo, rispondente al nome di “Austria”. La sua vocazione di uomo, di marito, di creatore (la cui forza prorompente era guidata dalla saggezza) era diventata il valore, proprio il fine cui l’uomo creatore dovrebbe essere predestinato sulla terra. Quando il tenente Snica paragonava la sua vita precedente in Italia, una vita da furfante, da affamato, da vagabondo e da mezzo lazzarone, da “artista pittore”, con la sua attuale forza, tremava d’ira e vibrava di estasi. Là una nullità, qui un potentato. Potentato effettivo. La guerra aveva fatto sì che il mondo si spalancasse al suo sguardo intrepido e al suo pugno serrato. Continua a leggere “Scrittori in tempi di guerra: Stefan Żeromski”

Scrittori in tempi di guerra: Scipio Slataper

«Nella mia città facevano dimostrazione per l’università italiana a Trieste. Camminavano a braccetto, a otto a otto; gridavano: viva l’università italiana a Trieste, e strisciavano i piedi per dar noia alle guardie. Allora mi misi anch’io nelle prime file della colonna, e strisciai anch’io i piedi. S’andava cosí giú per l’Acquedotto.

A un tratto la prima fila si fermò e dette indietro. Dal caffè Chiozza marciavano contro noi in doppia, larga fila i gendarmi, baionetta inastata. Marciavano come in piazza d’armi, a gambe rigide, con lunga cadenza, impassibili. Ognuno di noi sentí che nessun ostacolo poteva fermarli. Dovevano andare avanti finché l’Imperatore non avesse detto: halt! Dietro quei gendarmi c’era tutto l’impero austrungarico. C’era la forza che aveva tenuto nel suo pugno il mondo. C’era la volontà d’un’enorme monarchia dalla Polonia alla Grecia, dalla Russia all’Italia. C’era Carlo Quinto e Bismarck. Ognuno di noi sentí questo, e tutti scapparono via interroriti, pallidi, spingendo, urtando, perdendo bastoni e cappelli.

Io rimasi a guardarli con meraviglia. Marciavano dritti avanti, senza sorridere, senza ridere. La gente che scappava era per loro lo stesso che la compatta colonna che marciava per l’università italiana. Io rimasi fermo a guardarli, e fui arrestato. Continua a leggere “Scrittori in tempi di guerra: Scipio Slataper”

Scrittori in tempi di guerra: Alfred Döblin

«Le città renane erano in attesa dei reduci e adornavano le loro vie e i ponti. Padri, fratelli, figli ritornavano. Si voleva festeggiare chi era rimasto in vita, coloro che ritornavano dall’inferno, e festeggiare la fine della guerra. Coloro che avevano sognato grandi gesta di guerra e si aggiravano spauriti, erano lieti che il loro orgoglio, i reggimenti in marcia, i cannoni, i carri armati, le mitragliatrici, le fanfare e le bandiere, presto avrebbero riempito di nuovo le strade. Esisteva ancora la gioia, dunque, e non tutto era perduto. Altri s’attendevano un aiuto per le novità che sopravvenivano, perché non c’era più lo Stato, tutto pareva in dissoluzione, certi giorni pareva d’esser preda di bande brigantesche. Altri ancora attendevano i reduci per la rivoluzione, per la rivoluzione totale.

(…)

In mezzo ai soldati che bivaccavano, nelle scuole, ai posti di ristoro, s’affollavano persone con richieste molteplici. Infermiere e dame della buona società offrivano caffè, birra e piccole salsicce. Intorno ai pentoloni da campo dei soldati sulla piazza s’affollavano povere donne e molti bambini, uomini anziani che mendicavano pane e tendevano bicchieri. Davanti alle stazioni i comandanti cercavano di cacciar via i mendicanti. Continua a leggere “Scrittori in tempi di guerra: Alfred Döblin”