Una conversazione su letteratura e storia

Alcuni mesi fa (30.11.2014) il Domenicale pubblicava un articolo di Sergio Luzzatto (“La storia è una maionese impazzita”). Era un’invettiva. Lo storico accusava tutti. Scrittori, registi di film, documentari e serie tv, persino i musei: costoro – argomentava Luzzatto – hanno ridotto la storia a una “maionese impazzita” dove gli elementi didattici e conoscitivi della disciplina sono “mischiati e rimischiati senza criterio, come in un cocktail dell’assurdo”. La scienza cede il passo alla testimonianza, la storia alla memoria, il sapere alla rappresentazione, alla sceneggiatura, allo storytelling. Scriveva Luzzatto:

“Non c’è oggi testimonianza che non venga contrabbandata come verità; non c’è messaggio che non venga spacciato per magistero; non c’è memoria che non venga confusa con la storia”.

Negli stessi giorni leggevo i contributi ospitati dalla rivista Lo Straniero su scrittori e storia, un’inchiesta sui “nostri ieri” che ora diventerà un libro. Contributi che raccontano un rapporto serio, responsabile, onesto (a me sembra) col nostro passato prossimo. Allora mi chiedevo: ha ragione Luzzatto? È venuto il momento di smetterla? Dobbiamo lasciare in pace la storia? Non dobbiamo “torturare” la storia con marchingegni diseducativi? Oppure il fatto che molti scrittori si volgano alla storia è “sintomo” da prendere sul serio, oltre che un lavoro che dà frutti non avvelenati ma, appunto, quantomeno onesti?

Le questioni sono divenute oggetto di un dialogo via mail con Daniele Giglioli, che si è svolto tra il 20 dicembre 2014 e il 14 gennaio 2015. Tra le vacanze di Natale e i morti di Charlie Hebdo. Ho chiesto all’autore di Senza trauma e Critica della vittima di ragionare sui due elementi (l’invettiva di Luzzatto, l’inchiesta de Lo Straniero) tenendo sempre presenti, sullo sfondo, le sue pagine di critica letteraria e “sintomatica”. La conversazione, infine, è stata pubblicata sull’ultimo numero di Nuovi Argomenti (69). S’intitola “Gli altri non sono noi”. Credo che un po’ di carne al fuoco l’abbiamo messa. Segnalo questa conversazione a chi possa interessare. E qui cito giusto un passaggio di Giglioli: Continua a leggere “Una conversazione su letteratura e storia”

Frammenti dei miei momenti su Nuovi Argomenti

Il numero 68, 2014 di Nuovi Argomenti ospita un mio frammento narrativo (Cantiere, ultima estate) che è parte del progetto cui lavoro in questi mesi. Non bisogna aver letto Koselleck per sapere, per provare dentro di sé, che la storia è anche futuro. Orientamento verso l’avvenire. Ipotesi, speranza, paura. Utopia. Più spesso, nella traduzione letteraria di questo sentire, distopia.

Ho scoperto che m’interessa ragionare su una serie di questioni. Ad esempio: che tipo di società avremo tra cento o duecento anni? Quanto a lungo sarà consentito vivere? Cosa e come saranno i corpi degli esseri umani? Fino a che punto si spingerà il cammino antropotecnico? Quali soluzioni politiche vestiranno (o denuderanno) il conflitto sociale ? Che aspetto avranno le città? Come funzioneranno i sistemi di welfare? Ve ne saranno ancora? Esisterà uno Stato sociale? L’ageing prolungato dell’essere umano, sul versante intimo, non causerà un sovraccarico di memorie e il desiderio di disfarsene (ricordi di fatti crudeli, di morte, di lutto) o, al contrario, il terrore di perderle, lo sforzo di conservarle nel cammino lungo della senescenza?

Buona parte di queste domande sono alla base della narrativa d’anticipazione, riconosco e rispetto il “clima” letterario nel quale il mio tentativo dovrebbe provare a inserirsi. C’è solo, da parte mia (insieme al rischio dell’epigono), la piccola sfida di offrire un flusso che contenga la storia avvenuta (vicenda umana biografica, storia privata) e la futura, che non separi il genere dal bisogno mio di raccontare anche ieri; sempre l’accaduto, le marce o virtuose radici di oggi.

Ho pensato che in questa storia tutti i personaggi debbano avere a che fare con la Storia: che la studino sui banchi dell’università, oppure la insegnino dal pulpito della cattedra, e che immancabilmente la proseguano vivendo in un tempo postumano. Essi stessi – i personaggi – daranno (vorrei che dessero) vita alla continuità del passato col presente e il futuro. Il Novecento dov’è la loro nascita séguita nei secoli posteri, emerge nell’epoca prossima consegnando grumi che non si smaltiscono né riciclano: messaggi d’amianto o di plastica dal secolo che non sa morire.

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Matilde Famularo in translation (su The American Reader)

american reader

Mentre scrivevo la “Rivendicazione di Matilde Famularo” (uscita su Nuovi Argomenti nel 2009) non sapevo, non immaginavo che un giorno la lingua italiana della storia avrebbe traslocato dalla forma di una zucca a quella di una carrozza inglese. Ma è successo, grazie a The American Reader che ha pubblicato il racconto negli Stati Uniti (su carta, nel numero di febbraio-marzo 2013, e su web) e a Allison Grimaldi-Donahue che l’ha tradotto così bene.

Tutto è cominciato con una mail di fine anno, ricevuta il 30 12 12 da Elianna Kan, Senior Editor dell’American Reader. Elianna mi offriva una pubblicazione su questa nuova rivista letteraria di New York, e io ho proposto subito il testo di Matilde Famularo (la biografia d’invenzione di una poetessa siciliana che emigra in Argentina, dove partecipa alla lotta armata contro la dittatura). Continua a leggere “Matilde Famularo in translation (su The American Reader)”