Andrea Carraro su Città distrutte

Conquiste del lavoro, 14/15 luglio 2012. Andrea Carraro, La violenza della storia
Città distrutte, è il romanzo d’esordio di Davide Orecchio: i suoi personaggi appaiono tutti segnati da una ferita insanabile.

“Città distrutte – Sei biografie infedeli” (Gaffi) di Davide Orecchio è davvero l’esordio-rivelazione dell’anno e lo dimostrano le bellissime recensioni che ha avuto (Giglioli, Marchesini, Guglielmi ecc.) e i premi che ha vinto (a tutt’oggi Mondello, Napoli, Volponi). E’ un libro importante e necessario perché ha una lingua pulitissima, priva di smagliature, severa, a suo modo già classica. E’ necessario perché Orecchio con questo libro ha inventato un genere, e scusate se è poco, “la biografia inventata”, la “biografia contraffatta” potremmo dire anche e non saremo ugualmente lontani dalla verità. La confezione della biografia permette all’autore di calibrare le distanze con l’oggetto della sua rappresentazione nel modo che gli è più congeniale di storico più che di giornalista.

Devo dire che io fra tutte le 6 biografie infedeli di Orecchio prediligo quella ricalcata sulla vita di Tarkovskij con il suo malinconico finale in Italia e le immagini potenti direi fiammeggianti, cariche di pathos e di violenza anche compressa, della Russia stalinista e poststalinista. Ma anche il ritratto della donna sotto la dittatura argentina, Ester Terracina, ci sembra degna di restare nella memoria, con la lotta politica, la clandestinità, le umiliazioni del carcere, la tortura. E anche il racconto casto e intenso della poetessa che non pubblicherà mai una poesia, Betta Rauch, che è poi la mamma dello scrittore, autrice di splendidi versi.

Le storie di Orecchio appaiono subito leggendarie, e in quelle meglio riuscite la biografia eternizza il personaggio e lo rende “mitico” cioè in qualche modo “immortale”. “Città distrutte” è anche a ben vedere un perfetto risultato della postmodernità in quel suo disegnare-ricalcare-reinterpretare il genere e metterlo a reagire con la Storia, quella con la s maiuscola. Continua a leggere “Andrea Carraro su Città distrutte”

Mucchio recensisce Città distrutte

Annarita Briganti, Città distrutte.

«I premi servono a mettere in circolazione nuovi scrittori. Davide Orecchio, esordiente con la raccolta di racconti Città distrutte (Gaffi), vince a sorpresa la 38esima edizione del Mondello. A Palermo, a fine novembre, si contenderà il SuperMondello con gli altri due vincitori, Paolo Di Paolo e Edoardo Albinati. Orecchio (classe 1969) ci ha messo tre anni per pubblicare queste sei “biografie infedeli”: un regista sovietico in esilio, una desaparecida argentina, un`intellettuale romana solitaria, un giornalista siciliano tra fascismo e comunismo, un bracciante molisano e un diplomatico tedesco, che ha fondato l’università di Berlino. Percorsi esistenziali in luoghi e tempi diversi accomunati da una città distrutta dal potere. Vite di personaggi realmente esistiti mescolate a fiction e autobiografia. Le parole sgomitano per spaccare la pagina, ci sarebbe materiale per altrettanti romanzi.»

ALLEGATO

Su «Internazionale»

Il più bel magazine che si stampi in Italia ospita una recensione di Città distrutte. La scrive Frederika Randall, corrispondente a Roma per The Nation. Inizia così:

L’esordio di Davide Orecchio ricorda il grande W.G. Sebald nei suoi Gli anelli di Saturno e Gli emigrati. Composto da sei vite parallele in tempi e luoghi diversi, Città distrutte punta sul lato malinconico della storia: la giovane donna vittima della tortura sotto i colonnelli di Buenos Aires che offre la libertà a un’altra; il contadino molisano militante che si isola dal mondo quando muore la moglie; il regista sovietico alla Tarkovskij esiliato nell’ovest; il giornalista messinese prima fascista, poi gappista, poi amante della poesia; la giovane poeta di vita breve che si definisce “una città distrutta”; una versione di Wilhelm von Humboldt diplomatico prussiano a Roma nel primo ottocento. Coraggio, ambizione, solitudine, figli amati e persi, matrimoni spezzati. Sotto queste vite – dure, intense e a volte un po’ misteriose – la Storia fa i suoi movimenti tellurici. La dittatura argentina, il movimento operaio, lo stalinismo, il socialismo e il comunismo in Italia negli anni del fascismo e durante la guerra fredda, il fascismo stesso, le guerre napoleoniche. Basandosi in parte su documenti storici, l’autore, lui stesso uno storico, approfitta della precisione e della concretezza del suo mestiere per inventare storie necessarie e commoventi.

internazionale

L’ORIGINALE QUI

La sventura degli storici

“Sufro la clásica desventura de los historiadores, me escribía Maggi, aunque yo no sea más que un historiador amateur. Sufro esa clásica desventura: haber querido apoderarme de esos documentos para descifrar en ellos la certidumbre de una vita y descubrir que son los documentos los que se han apoderado de mí y me han impuesto sus ritmos y su cronología y su verdad particular.”

(Ricardo Piglia, Respiración artificial)