Massimo Onofri sulla Fanciulla

Su Avvenire del 15 marzo è apparsa una bella recensione di Massimo Onofri a Lettere a una fanciulla che non risponde (romanzo, Bompiani). Ne sono onorato.

«Ancora una volta Davide Orecchio ci ha anticipato e sorpreso. Siamo infatti, lo si è capito, all’amore ai tempi dell’intelligenza artificiale: là dove i robot sono ormai umanizzati, provano sentimenti, desiderano, soffrono e si commuovono, svengono persino, mentre gli umani sembrano affetti da sempre più accentuate forme di disamore, anche e soprattutto nei confronti di sé stessi.»

«Se il mondo è nel caos, se tutti i valori che un tempo lo governavano sono stati nullificati, se ogni simbolo ha perso di senso, non resta che ritornare alla vita che ora si presenta molteplice, multiforme e multanime e riconsegnarcela attraverso le tante stupefacenti storie di cui LB è testimone. In fondo basta poco: soltanto dell’inchiostro e un calamaio.»

Letteratura, anti-letteratura

In un articolo  pubblicato dal Fatto il 31 luglio 2014, Paolo Di Paolo intervista Giulio Ferroni, Filippo La Porta e Massimo Onofri su letteratura, anti-letteratura, scrittori italiani. Sono grato a Onofri che fa il mio nome (assieme a Vittorio Orsenigo) nel menzionare scrittori “in controtendenza” o, se ho capito bene, che non cedono al desiderio d’essere come tutti. #Biodiversità. «Se la letteratura non sperimenta, non sfida se stessa, non sogna l’impossibile – conclude Onofri – non ha ragione d’essere».

QUI L’ARTICOLO.

Massimo Onofri su Stati di grazia

Su Avvenire del 13 giugno 2014, Massimo Onofri recensisce Stati di grazia.
Avvenire

«Quello di Davide Orecchio, con Città distrutte. Sei biografie infedeli (Gaffi 2012), fu uno degli esordi più belli e sorprendenti degli ultimi anni. (…) Potete capire, allora, con quale curiosità aspettavo il secondo libro, questo Stati di grazia. Ecco: che soluzioni avrebbe escogitato Orecchio per dare nuova forma al suo singolare, spurio, modo di raccontare? Che cosa ci avrebbe riservato la sua furiosa immaginazione epistemologica?»

«Orecchio è la dimostrazione che la nostra narrativa più carica di futuro non vive della invecchiatissima dialettica, tutta linguistica, tra infrazione e tradizione, ma è decisamente emigrata su un campo che è, soprattutto, gnoseologico. In altre parole: non è la sperimentazione linguistica che si porta dietro una nuova concezione del mondo, ma un problema rigorosamente conoscitivo che, coerentemente, si appronta la lingua solum sua per esprimersi e risolversi. Come questa di Orecchio, appunto: che è polifonica, piena di escursioni lessicali verso il basso degli idiotismi (ma anche l’alto d’una curiosa prosopopea), con quella sintassi da fabbro che forgia il suo nuovo, avida di misurarsi con tutte le sue possibilità, dalla prima persona del diario alla terza dell’avventuroso incognito, non senza la scrittura testimoniale, quella di chi chiama a giudizio»

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Massimo Onofri consiglia Città distrutte

Il Giornale, 21 dicembre 2012
Sotto l’albero mettete questi titoli

MASSIMO ONOFRI (Altri italiani. Saggi sul Novecento, Gaffi) «Regalerò Vita e morte di un ingegnere (Mondadori) di Edoardo Albinati perché è il più bello che ho letto negli ultimi mesi e dimostra che i libri di narrativa oggi più suggestivi sono quelli spuri e anomali. Regalerò anche Città distrutte di Davide Orecchio (Gaffi), il libro più innovativo e sorprendente di narrativa dell’anno: biografie apocrife, per così dire, tra realtà e immaginazione del vero».