Mariasole Ariot

Undicesimo giorno

[…]

ditele che il mondo è il retaggio di una madre, ditele che è un cratere spento, ditele che l’uomo ha fame dell’umano, ditele che la fame non è innocente

[…]

Dodicesimo giorno

[…]

ditele che il giorno ha smesso di parlare, ditele che grido, ditele che è bianco, ditele che è forma

[…]

Tredicesimo giorno

[…]

ditele che il niente ha il peso di un oggetto, ditele che il vuoto non è cavo, ditele che parlo.

[…]

Ventitreesimo giorno

[…]

ditele che il consiglio è: evaporare, ditele che un foro non è un passaggio, ditele che non passa, ditele che hanno cartografato il vuoto

***

Da Mariasole Ariot, Anatomie della luce, Nino Aragno Editore, 2017.

Leggete Mariasole Ariot, leggetela in tutto quello che pubblica, anche su Nazione Indiana.

E’ sempre una sorpresa e un incanto.

(Non troverete parole confortevoli, ma sincere e nuove.)

«Cara reinserzione culturale del disoccupato». Una lettera di Andrea Inglese

inglese

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«Cara Reinserzione Culturale del Disoccupato,
.
le mie relazioni sociali che stanno
così bene al di fuori di me così
ben al di sopra
.
le mie relazioni sociali sono in costante
miglioramento sono quasi ottime tutte
.
tenendo la mia follia lontano
dalle mie relazioni sociali
che vanno sempre concepite come massa
vellutata anonima
separando tutta la mia sete d’amore
l’incalcolabile desiderio di posare una mano
sulla coscia sulle radiazioni interne
gli aloni i tremiti minimi di una coscia
allontanando il bisogno di mordere e colpire
dalla sfera chiara delle mie relazioni sociali Continua a leggere “«Cara reinserzione culturale del disoccupato». Una lettera di Andrea Inglese”

«Se Berlusconi scrivesse poesie» (Luigi Di Ruscio, 2007)

Credo che fosse il 2007. Luigi Di Ruscio venne a Roma per presentare il suo volume di Poesie operaie (Ediesse). Un giorno di primavera alla Casa delle Letterature. L’accompagnava il suo Angelo “custode” Ferracuti. Intervistai Di Ruscio per il video qui sotto, realizzato da Carlo Ruggiero. Fu amore a prima vista per l’uomo, la sua ironia, la sua lingua. A un certo punto ci disse, suppergiù:

“Mi sono posto il compito di essere poeta e basta, non poeta operaio. Ma certo la vita che ho fatto mi ha modificato. Non potrei scrivere poesie come un direttore di banca. Oppure, che so, se Berlusconi scrivesse poesie, non so che poesie potrebbe scrivere…”

E, su quest’immagine appena creata da Di Ruscio, scoppiammo tutti a ridere: Berlusconi che scrive poesie… Chissà cosa scriverebbe. Magari le scrive.

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